Ancona-Osimo

Università, riforma a medicina. Il prof Orazi dell’Univpm: «I laureati andranno strutturati per evitare fuga dei cervelli»

Obiettivo garantire una selezione basata sulle competenze acquisite degli studenti. L’accesso sarà regolato attraverso i crediti formativi e la posizione in una graduatoria

Immagine generica d'archivio
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ANCONA – Via ai test di accesso a Medicina con l’iscrizione aperta a tutti gli aspiranti medici. Lo prevede la riforma dei corsi di laurea in medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria e medicina veterinaria che prevede di valutare gli studenti dopo il primo semestre. Obiettivo del disegno di legge quello di garantire una selezione basata sulle competenze acquisite degli studenti. L’accesso sarà regolato attraverso i crediti formativi e la posizione raggiunta in una graduatoria nazionale.

Previste iniziative di orientamento già durante gli ultimi anni di scuola secondaria, con percorsi che puntano a favorire l’ingresso nei corsi di laurea. Inoltre, potranno beneficiare di una formazione mirata e nel caso di mancata ammissione al secondo semestre, verranno loro riconosciuti i crediti acquisiti per proseguire in altri percorsi di studio. Quale l’impatto della riforma?

«L’università moltiplica l’offerta formativa ma non adegua alla crescita dei carichi di lavoro il personale necessario a farvi fronte – spiega il professor Francesco Orazi, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università Politecnica delle Marche – , oggi una parte consistente è coperta in Italia dai 5mila ricercatori assunti grazie al PNRR, ma che nel 2026 non si sa che fine faranno».

«Produciamo ottimi ricercatori e dottori di ricerca finanziando la loro formazione con denaro pubblico, capitale umano elevato che però va a creare valore aggiunto all’estero – prosegue – professionisti che regaliamo ai nostri competitor economici». Tra le criticità evidenziate dal docente il fatto che «l’aumento rilevante da un anno all’altro del numero degli studenti può mettere a rischio la qualità della formazione. Uno degli indicatori di qualità degli atenei è proprio il rapporto tra il numero dei docenti in rapporto agli studenti».

Orazi mette sul piatto della bilancia anche il tema della fuga dei cervelli all’estero. «Dovremmo ragionare di più sulla fuga dei cervelli, attratti da stipendi molto più elevati, e sul travaso tra professione pubblica e privata». La carenza di medici secondo il docente non dipende solo dalla formazione in numero insufficiente, ma anche dal fatto che molti si trasferiscono all’estero.

«Se formiamo più laureati bisogna anche pensare a strutturarli in termini credibili, altrimenti si rischia di accentuare la fuga dei cervelli. Inoltre, a fronte di un aumento degli studenti, non solo non sono state previste risorse in più per le università, ma addirittura sono stati previsti dei tagli: con un aumento dei carichi, però, qualsiasi organizzazione va in default» conclude.