ANCONA – Non c’è pace per il mondo della pesca. Dopo i rincari vertiginosi al prezzo del gasolio che avevano spinto il settore, anche nelle Marche, alla protesta, ora a preoccupare è il fatto che la Commissione Europea intenderebbe vietare la pesca a strascico entro il 2030. Una mazzata per gli armatori che basano la propria attività su questa modalità di pesca.
L’obiettivo della misura, contenuta nel Marine Action Plain che prevede l’eliminazione graduale della pesca di fondo entro il 2030, è quello di consentire il ripristino della biodiversità marina, presente nei fondali, per la salute degli ecosistemi marini e la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Ma gli armatori non sono d’accordo e ritengono la misura eccessiva. Apollinare Lazzari della Cooperativa Produttori Pesca di Ancona e responsabile della marineria dorica, evidenzia che «le imprese della pesca vivono di questa attività e su questa hanno investito nel corso degli anni». «Più che eliminare la pesca a strascico la si poteva limitare – dice – come stiamo già facendo da tempo nella marineria di Ancona, andando a pesca tre giorni a settimana anziché quattro o cinque».
«La pesca a strascico – aggiunge – non danneggia l’ambiente marino e il pesce non manca, anzi. Con la misura prevista dalla Commissione Europea si avvantaggiano quei Paesi che non sono soggetti ai vincoli dell’Unione Europea come ad esempio la Croazia».
Il rischio è quello che un mestiere antico, come quello della pesca, vada scomparendo. «Ci sono già grandi difficoltà a reperire personale – puntualizza – perché è un mestiere duro, e con queste misure la vita si fa sempre più dura. Le imprese della pesca sono spesso familiari, molti però saranno costretti ad approfittare degli incentivi per la rottamazione delle imbarcazioni. Un paradosso pensare che per noi pescatori italiani la pesca a strascico nel 2030 sarà vietata, mentre per i pescatori croati, dall’altra parte dell’Adriatico sarà consentita. È una misura eccessiva».
Solo nella marineria anconetana sono 43 le imprese a rischio: 35 barche tra pescherecci e rapidi (che effettuano la pesca delle sogliole) e 8 volanti che pescano pesce azzurro. Ma a rischiare non sono solo loro, perché alle spalle del settore opera una nutrita schiera di lavoratori, come evidenzia Annalisa Giordano, dell’associazione Donne della Pesca di Ancona.
«Vogliono farci appendere le scarpe al chiodo, ma non si può cambiare mestiere dall’oggi al domani – dice Giordano – la pesca per molti armatori è l’unica fonte di reddito: un uomo a 55 anni, dopo 35 anni trascorsi in mare, che altro lavoro può fare?». Sui pescherecci lavorano gomito a gomito padri e figli, mentre le mogli, le madri e a volte anche le sorelle vanno a vendere il pescato all’asta. «La filiera della pesca a strascico non è costituita solo da chi sta in barca – prosegue – ma anche da chi va all’ingrosso, dai dipendenti del mercato ittico, dai facchini, dai grossisti. Il pesce nostrano dovrebbe essere considerato un fiore all’occhiello – conclude – invece ci stanno affondando».