ANCONA – Pistola d’ordinanza in casa oppure in armeria, in caserma o nelle cassette di sicurezza: un tema di triste attualità di cui s’è discusso ieri mattina 21 ottobre in consiglio comunale. La consigliera Mirella Giangiacomi, infatti, ha posto l’interrogazione urgente chiedendo al vicesindaco Giovanni Zinni dei dati sul percorso di formazione degli agenti di polizia locale ora dotati di pistola, quanti hanno l’arma, quanti la lasciano in armeria o negli armadietti di sicurezza e quanti la portano a casa. E puntando il dito su quanto è stato fatto, secondo lei, non a norma di legge. L’interrogazione ha permesso a Zinni di fornire una risposta dettagliata sulla formazione e la dotazione degli agenti di polizia locale.
«Per quanto riguarda i percorsi di formazione – ha spiegato il vicesindaco Zinni – s’è lavorato su vari step, non solo con la formazione interna e con la procedura per l’ottenimento dell’attestato, a marzo 2024 c’è stato un corso di formazione per l’utilizzo delle armi presso il comando di polizia locale. Poi il tiro al poligono di Osimo con corso di tiro a segno e con ripetizione della parte teorica già fornita. Gli agenti in possesso di pistola sono settanta in totale. Quanto all’armeria, questa sarebbe destinata alle armi di riserva, da quindici in su c’è l’obbligo dell’armeria con personale fisso, ma le armi di riserva attualmente sono quattro e la procedura avviene automaticamente, l’armeria viene seguita dal comandante. Cosa diversa sono le cassette di sicurezza, ci tenevamo ad andare incontro al personale e per questo ogni operatore ha una cassetta di sicurezza che ha anche dei registri per ogni accesso, sono cassette personali e non cedibili. Ne abbiamo predisposte cento, al comando, settanta sono in funzione, ma abbiamo previsto anche le prossime assunzioni. In definitiva queste cassette di sicurezza consentono all’agente di lasciare temporaneamente l’arma presso il comando quando lo ritiene più opportuno. Per quanto riguarda, invece, chi porta l’arma a domicilio, la cosa non viene monitorata, la legge non lo richiede perché la responsabilità resta in capo all’agente. Dunque abbiamo fatto qualcosa di più di quello che era previsto dalla legge».
Mirella Giangiacomi, non soddisfatta della risposta, ha concluso affermando che la legge dice un’altra cosa e che quanto fatto dall’amministrazione comunale non sarebbe in regola: «La mia interrogazione è legata al fatto dell’evento che ha colpito l’opinione pubblica, credo che porsi la domanda di quanti agenti portano l’arma a domicilio è importante per capire di cosa stiamo parlando, l’armeria per legge non è necessaria quando le armi sono inferiori a 15. Ma noi ne abbiamo 70 più altre 4, la questione è completamente diversa. Noi facciamo qualcosa che non è coerente con quello che dice la legge. Non mi sono inventata niente, leggo le regole di prelevamento e deposito dell’arma, il registro, la questione relativa alla responsabilità. Quindi la mia osservazione non è campata per aria, pongo un problema di pubblica sicurezza, non voglio fare polemiche con chi si assume la responsabilità di come, quando e dove si tengono le armi. Leggo le disposizioni di legge e a quelle credo che ci si debba attenere». Zinni fuori microfono, ovviamente, non è stato d’accordo: «Cerchiamo di essere corretti, abbiamo fatto tutto a norma di legge con la Prefettura».