ANCONA – Rieducazione e riabilitazione degli uomini maltrattanti come tappa cruciale del percorso di cambiamento e di uscita dalla spirale della violenza contro le donne. È stato siglato questa mattina, martedì 29, in Questura ad Ancona il protocollo Zeus che approccia la violenza puntando a bloccare le recidive che possono condurre ad una escalation del fenomeno, intervenendo sul maltrattante.
A siglare l’accordo, il questore di Ancona Cesare Capocasa e il sindaco di Macerata Sandro Parcaroli, in rappresentanza dei sindaci marchigiani, alla presenza della vice questore Marina Pepe. Un protocollo innovativo quello delle Marche perché crea una rete con il mondo dell’associazionismo che si occupa della riabilitazione e della rieducazione della persona che ha condotte violente verso la donna.
Il protocollo sfrutta l’istituto dell’ammonimento del Questore, previsto per i casi di violenza domestica e stalking, una sorta di ‘cartellino giallo’ il cui obiettivo è quello di richiamare il soggetto maltrattante evidenziando la sua condotta inaccettabile. Con il protocollo Zeus, contestualmente all’ammonimento del Questore, l’uomo maltrattante viene reso edotto della possibilità di rivolgersi volontariamente ad un centro dedicato per avviare un percorso gratuito di riabilitazione che punta a stroncare il fenomeno sul nascere.
Nelle Marche si sono costituiti i Cuav, Centri Uomini Autori di Violenza, in una ottica di potenziamento in tutto il territorio dei centri di ascolto dedicati agli uomini che agiscono violenza su donne e minori. L’ambito territoriale sociale 15 e il Comune di Macerata sono stati individuati dalla Regione Marche, con l’accordo degli altri Ambiti provinciali, come referenti per realizzare il Sistema regionale di servizi e interventi rivolti a uomini autori di violenza, in sinergia con la Regione e gli Ambiti territoriali sociali dei capoluoghi di provincia.
Ad Ancona (in Piazza della Repubblica 3) e Pesaro erano già presenti due centri (uno per ciascuna città, questi due centri ora vengono potenziati come organico, giorni e orari di apertura), altri si sono costituiti anche negli altri capoluoghi di provincia (Macerata, Fermo, Ascoli Piceno), per coprire in maniera capillare tutte le Marche.
Il progetto vede il finanziamento con fondi del Dipartimento pari opportunità e prevede la definizione di un sistema di intervento integrato con servizi dedicati al supporto delle donne vittime di violenza e ai loro figli (violenza assistita), l’elaborazione di prassi operative regionali in vista della futura realizzazione di linee guida nazionali.
Fanno parte dei Cuav, le cooperative sociali Polo9 (Ancona), Il Faro (Macerata), On The Road (Fermo e Ascoli Piceno), Labirinto (Pesaro Urbino). Il Questore di Ancona, Cesare Capocasa, ha spiegato che si tratta di un modello di intervento e di azione «preventivo che da la possibilità al maltrattante di potersi avviare a questo percorso con la consapevolezza di aver avuto delle condotte violente e possessive».
«Non solo vicini alla donna che subisce violenza – ha aggiunto -, ma anche all’uomo con la finalità di evitare le recidive e il ripetersi di queste condotte. Il bilancio a livello nazionale è positivo perché solo il 10 per cento di coloro che sono stati ammoniti e che hanno avviato questo percorso, hanno avuto recidive». Ad Ancona «dall’inizio dell’anno abbiamo emesso 21 ammonimenti e di questi nessuno ha ripetuto condotte violente, maltrattanti piuttosto che ossessive».
In Italia sono una metà circa le Questure che hanno aderito al protocollo, nelle Marche Macerata e Ancona. Ad Ancona il progetto è operativo da oggi e la riabilitazione dei maltrattanti è gratuita.
Carla Scarponi, dirigente dell’ambito territoriale sociale 15 (Macerata) ha spiegato che il protocollo, che nasce nelle Questure, «vede l’interfaccia» con i centri per gli uomini autori di violenza «indirizzati agli sportelli», una novità perché prima non esisteva un percorso di riabilitazione. Come nei Cav, Centri Anti Violenza, dedicati alle donne, opera solo personale femminile, anche nei Cuav opera solo personale maschile.
«Si tratta di un percorso di consapevolezza, in cui l’uomo può cominciare a ragionare sui motivi della sua violenza e fare un percorso a ritroso – dice – per capire da dove parte questo suo atteggiamento di violenza nei confronti delle donne». Gli incontri, sia singoli che di gruppo, hanno mostrato che «effettivamente c’è una riduzione della recidiva e delle ricadute. Finora abbiamo sempre lavorato rispetto alla protezione delle donne, però mancava questo pezzo di lavoro con l’uomo: se non si lavora con l’uomo – conclude – non si riesce a fare un lavoro completo, perché manca quella metà che è fondamentale».