ANCONA – In occasione della Giornata internazionale della donna (8 marzo), l’Amministrazione organizza questa settimana diverse iniziative e sabato 10 marzo alle ore 16, per la rassegna CineMuse al Teatro delle Muse, ci sarà l’evento “Da vittime a resilienti”. Interverranno Valeria Mancinelli, sindaco di Ancona, Emma Capogrossi, assessore ai Servizi sociali e Pari opportunità, mentre coordinerà l’evento Simona Cardinaletti, psicologa e responsabile della Casa Rifugio Zefiro.
Simona Cardinaletti, lei è la responsabile della Casa Rifugio Zefiro. Che tipo di struttura è?
«La Casa Rifugio è una struttura della Coop. La Gemma da gennaio 2000 e ospita donne vittime di ogni forma di violenza, con o senza figli minori. È una casa di prima accoglienza ed è collocata in un edificio residenziale situato nella città con indirizzo e numero telefonico riservati, per motivi di sicurezza. L’obiettivo della Casa Rifugio è quello di aiutare le donne a raggiungere l’autonomia sia psicologica che sociale, coerentemente con le risorse individuali e con le possibilità del contesto sociale. Alla casa si può accedere su invio dei Servizi Sociali competenti per territorio e la struttura ospita donne provenienti dal territorio regionale ed extra regionale».
Attualmente quante donne e bambini ospita?
«Quattro donne. Una proveniente dal maceratese, altre due da Ancona e una con due figli dall’ Emilia Romagna».
Lei è anche vicepresidente della Cooperativa Sociale Onlus La Gemma che opera nel settore socio educativo assistenziale e gestisce anche la Casa di Demetra e il punto V.O.C.E. Ce ne parli.
«La Casa di Demetra è una struttura di seconda accoglienza per donne vittime di violenza. È una struttura del Comune, ma è gestita dalla Coop. La Gemma da marzo 2015. È rivolta a donne sole o con figli minori, residenti nel comune di Ancona, che abbiano intrapreso un percorso di uscita dalla violenza e che hanno bisogno di accompagnamento nella fase di reinserimento sociale. La Casa di Demetra garantisce una serie di interventi: oltre all’alloggio in un appartamento di civile abitazione, il progetto prevede l’erogazione di contributi per la soddisfazione dei bisogni fondamentali legati alla casa, al lavoro, ai servizi di conciliazione lavoro-cura dei figli, come momento di avvio di un progetto di autonomia. Il Punto V.O.C.E. (Violenza, Offesa, Cura, Emancipazione) è invece un centro di ascolto per maltrattanti. È un progetto rivolto a uomini che hanno agito o che temono di agire violenza nelle relazioni intime, gestito in partenariato con la coop. I.R.S. l’Aurora. Il servizio è attivo da giugno 2015 e la richiesta d’intervento può provenire dall’uomo stesso o su invio di istituzioni pubbliche; un operatore fisserà un colloquio di primo contatto con l’interessato o fornirà le informazioni sul servizio, nel caso in cui chi contatta sia un inviante».
Più in generale nelle Marche che tipi di strutture esistono per le donne vittime di violenza?
«Nella regione abbiamo tre tipi di strutture, corrispondenti a tre fasi. Innanzitutto c’è una casa di emergenza che ha valenza regionale nel pesarese, e accoglie donne in emergenza. In questa struttura le donne possono stare quattro giorni, tempo in cui vengono presi i contatti con i servizi del territorio e viene deciso il percorso per la donna e i figli. Poi ci sono quattro case di prima accoglienza e una di queste è la Casa rifugio Zefiro, dopodiché ci sono le case di seconda accoglienza, come La casa di Demetra».
Sono tante le donne che chiedono aiuto?
«Sono tantissime. Non è in aumento la violenza, ma sono in aumento le donne che chiedono aiuto perché c’è una maggiore consapevolezza. Già questo è un passo importante».
Che significato ha oggi l’8 marzo e quali tematiche femminili dovrebbero essere, maggiormente, al centro dell’attenzione della società?
«A me piacerebbe che l’8 marzo non diventasse la festa della donna solo nella sua dimensione di vittima, perché le donne sono portatrici di risorse e valori e desidero un 8 marzo che valorizzi il femminile. La tematica centrale è appunto la valorizzazione del femminile come elemento diverso dal maschile ma a parità di merito, perché tuttora assistiamo a una sorta di categoria A e categoria B. Penso alle difficoltà di accesso alle carriere lavorative, alle difficoltà delle donne ancora di conciliare lavoro e famiglia, alla prevalenza del ruolo femminile nella cura dei figli e della famiglia. Tutto ciò è alla base della violenza e i maltrattamenti da parte degli uomini sono solo l’espressione più esasperata».
Cosa è possibile fare oggi per contrastare la violenza sulle donne?
«Riconoscere i valori del femminile al pari dei valori del maschile. Questi sono diversi ma pari ed entrambi possono portare un grande contributo alla società. Laddove non ci saranno più le categorie, ad esempio tu devi stare li perché quello è il tuo ruolo, cambieranno tante cose. È necessario lavorare di più per le pari opportunità. Anche se gira la voce che ormai le donne sono dappertutto e hanno fatto tanti passi in avanti, nell’osservazione del quotidiano non credo che questo si veda».
Sabato, al teatro delle Muse, coordinerà l’evento “Da vittime a resilienti”. Di cosa si tratta?
«Parleremo di alcune vittimizzazioni a cui le donne sono sottoposte, quindi non solo quella relativa alla violenza da parte degli uomini. C’è infatti anche la violenza di una cultura che vuole le donne in un certo ruolo, oppure la violenza quando ci sentiamo in colpa perchè siamo troppo in gamba o perché non siamo abbastanza brave a casa perché amiamo troppo il nostro lavoro. Chiaramente parleremo anche di resilienza. Se abbiamo il coraggio di essere noi stesse, potremo dare un apporto importante e grande a noi stesse e alla società. Inoltre leggeremo alcuni testi selezionati di Giulia Salvarani e sarà proiettato il film “Vogliamo anche le rose” di Alina Marazzi. L’ingresso sarà gratuito».