ANCONA – Si chiama Anghela Alò, è anconetana e di mestiere fa l’artistic director. È sua la direzione artistica della cerimonia di apertura dei campionati Mondiali di calcio 2022 del Qatar. Uno dei mondiali più discussi dal punto di vista politico e il primo mondiale a disputarsi in autunno, a ridosso del periodo invernale.
Ma soprattutto la prima cerimonia di un mondiale a durare 30 minuti, con caratteristici spettacoli d’acqua. La firma, lo dicevamo, è di Anghela Alò, nata e cresciuta ad Ancona e specializzata in cerimonie olimpiche. Lei ora vive a Milano e la raggiungiamo al telefono proprio mentre è diretta nella sua città natale. «Sono nata ad Ancona da genitori pugliesi» spiega.
Dove ha studiato?
«Al liceo scientifico Cambi di Falconara. Poi, a 18 anni, sono andata a Bologna, per l’università. Successivamente, ho frequentato l’accademia di arte drammatica. Quindi, sono partita alla volta di Roma e c’è stata pure una parentesi in cui ho girato il mondo insegnando come utilizzare la maschera classica della commedia dell’arte».
Procediamo con ordine: lei si definisce artistic director. In cosa consiste il suo lavoro?
«Nel definire una linea accuratoriale. Che si tratti di un progetto, di uno spettacolo o di un palinsesto. È quello che fa un direttore creativo o un direttore artistico».
Sognava di fare questo mestiere sin da piccola?
«No, volevo fare l’attrice. È stato tutto causale. Iniziai con la Compagnia dei giovani talenti del Teatro stabile delle Marche assieme a Lucia Mascino, Beatrice Schiros, Pietro Micci, Bartola, Caimmi. Ognuno può fregiarsi di aver continuato il suo lavoro di artista e di creativo. Furono anni stupendi in cui giravamo ed esploravamo tutti i teatri delle Marche. Furono Giampiero Solari e Tommaso Paolucci a selezionarci».
E poi cosa è successo?
«È successo che ho visto prima le Olimpiadi greche, poi quelle inverali di Torino (realizzate da Marco Balich), e beh, ho capito di voler fare quel mestiere lì. È stato come un forte vento che mi ha travolto e io non ho avuto paura. Mai avrei immaginato di fare questo nella vita».
Non sul palco, ma dietro…
«Sì, esattamente. Ho deciso di fare un passo indietro. Mi rendevo progressivamente conto che non volevo più vedere le cose dal palco: volevo essere ancora un’interprete ma da un differente punto di vista. Non volevo più interpretare un ruolo, ma culture e Paesi diversi».
ˈE quale punto di vista!ˈ, verrebbe da dire…
«(ride, ndr) Grazie. Io cerco soltanto di parlare al mondo utilizzando il linguaggio delle immagini».
Ecco, spieghi meglio…
«Prima di arrivare in un Paese straniero, anzitutto mi documento studiando la cultura dentro la quale sarò immersa. Ma poiché lo studio non è mai abbastanza, allora cerco qualcuno che mi apra le porte in modo umano e normale. E ho sempre avuto la fortuna di trovare persone che mi facessero scoprire i vari Paesi in cui andavo».
Lei gira il mondo, ma le Marche?
«Sono il mio luogo del cuore: cibo, amore, territorio e mare».
Soffermiamoci sul cibo…
«I moscioli. E poi qui ci sono la mia famiglia, i miei affetti».
Una regione che secondo alcuni è un po’ spenta. Cosa ne pensa?
«Non dico che sia completamente spenta. Anzi, ultimamente di festival nazionali e internazionali ce ne sono. Penso al Kum di Massimo Recalcati, che è fantastico».
Uno degli appuntamenti fissi per Ancona. Cosa ne pensa di questa città?
«È la mia città, un diamante che alle volte brilla e alle volte no. Una bella addormentata che ha bisogno di un bacio per risvegliarsi».
E se fosse lei a baciarla?
«Ah, non aspetto altro. Mettere a disposizione il proprio punto di vista nella propria città sarebbe realizzare un sogno».
Luogo preferito?
«Le grotte del Passetto: un luogo unico, dopo il Conero».
È lì che farebbe qualcosa?
«Sì, un grande evento alle grotte».
Torniamo al Qatar. Come ha trascorso il soggiorno? Insomma, non si fa altro che parlare di diritti civili e polemiche varie. Lei cosa ne pensa?
«Guardi, tempo fa ero stata in Arabia Saudita e non era la prima volta che mi trovavo là. Cosa vuole che le dica? Quando vedo l’immagine di Morgan Freeman con accanto Ghanim, il ragazzo affetto da sindrome di regressione caudale, secondo lei mi pongo altri problemi?»
Non so. Me lo dica lei…
«Io cerco di valorizzare al massimo l’umanità e parto da lì, dal basso, per conoscere il territorio e questo mi aiuta a non entrare in prospettive diverse (anche politiche) da quelle che mi interessano. Le culture altrui sono difficili da capire perché divergono dalla nostra e non le conosciamo, ma io provo a non giudicarle. Vado, vedo, elaboro, mi proteggo, ma cerco qualcosa di universale per parlare al mondo».
E lei ci è riuscita. La cerimonia di apertura dei mondiali era stupenda…
«Grazie. Non c’è stata solo quella, in realtà. Abbiamo lavorato anche all’evento Welcome to Qatar, uno show multimediale tridimensionale in acqua, fatto nella cornice marina dello specchio di Doha, con schermi ad acqua e una rappresentazione del ciclo della vita. Tra l’altro, la cerimonia di apertura, era diversa da quella degli anni passati: non è usuale che un mondiale abbia questa tipologia di approccio alla spettacolarizzazione. È durata 30 minuti, la più lunga di sempre. Ci siamo riusciti pure grazie alla sinergia con la Balich Wonder Studio, con cui collaboro da anni».
Lei sa di avere un nome impegnativo? Si chiama come l’ex cancelliera tedesca Merkel.
«(ride) La Merkel non ha l’acca, però. E comunque quella sul mio nome è una lunga storia».
La ascolto…
«Quando chiesi a papà il perché del mio nome, rispose che inizialmente mi sarei dovuta chiamare con il nome italiano di Angela. Ma i miei genitori volevano qualcosa di diverso e allora papà pensò di mettere l’h, così da farlo suonare come la pronuncia greca. Poi, si è inventato tutta una storia sul fatto che Anghela Alò significasse ˈcolei che annuncia il mareˈ. Ecco perché non posso starne lontana».
Lei e il mare…
«Sì, ogni anno trascorro le vacanze estive a Portonovo. Quell’atmosfera mi ricarica».
Anche se lei è nata il 21 dicembre… Mi ricorda anche l’anno, gentilmente?
«Assolutamente no. A questa domanda non risponderò (ride)».
Senta, chiudiamo con l’immagine più bella che conserva del Qatar…
«Le racconto questa: ero in Qatar e lì lavoravano i più grandi professionisti delle Olimpiadi. Gli stessi che hanno realizzato le Olimpiadi greche e torinesi che hanno dato una svolta alla mia carriera e di cui parlavamo all’inizio. Ecco, loro, i più grandi professionisti del mondo, stavano scattando una foto. Io mi ci sono buttata dentro e ora, finalmente, posso dire che lì c’ero anch’io».