Ancona-Osimo

Anpi Marche e la festa della Liberazione: il senso del 25 Aprile

Il coordinatore regionale dell'Anpi Marche Maderloni: «Nelle scuole e nelle piazze parliamo di cosa è stato il nazifascismo per comprendere meglio gli eventi di oggi»

L'Anpi Marche a una Marcia della Pace Perugia - Assisi
L'Anpi Marche a una Marcia della Pace Perugia - Assisi

ANCONA – Liberazione. Partigiani. Resistenza: termini che evocano periodi della storia nazionale in cui erano centrali la lotta per la democrazia e la speranza in un futuro di pace. Ma ci raccontano solo di questo? È una delle tante domande intorno al 25 aprile, anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Una delle domande che si fanno soprattutto coloro che pensano a quando domani non ci sarà più chi racconterà queste storie, chi tramanderà questo vissuto, coloro che vedono i giovani sempre più distanti da un momento storico importantissimo per l’Italia, l’Europa e non solo.

«Quando andiamo nelle scuole o negli incontri pubblici, possiamo constatare che non tutti sanno o non ricordano cos’è il nazifascismo, né perché è stato necessario ribadire in Costituzione i valori della democrazia e della libertà – spiega Claudio Maderloni, coordinatore regionale per le Marche dell’Anpi, l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia. Quindi parlare di liberazione è importante, anche per poter discutere e comprendere cosa sta succedendo oggi, nel terzo anno di pandemia, con le importanti differenze sociali che si sono accentuate; della situazione economica di crisi e delle battaglie che si continuano a portare avanti per quanto riguarda i temi civili».

Proprio con i tempi bellici attuali si fanno vari paragoni. «Molte analogie si fanno oggi con la resistenza dell’Ucraina – continua ancora Maderloni – ma l’unica analogia è che la guerra produce un disastro per l’intera umanità, produce morte, odio. Quando i partigiani hanno imbracciato le armi, in parte ricevute e in parte anche rubandole, hanno combattuto perché la guerra terminasse subito. L’obiettivo era potersi sedere a un tavolo per sostenere che non tutti erano fascisti, che lottavano per i diritti e la libertà; sedersi a quei tavoli significava poter contribuire alla futura democrazia. Sono resistenze diverse: gli ucraini hanno diritto a difendersi perché non c’è ragione che tenga poter disporre l’attacco, o, se anche ci fosse la seppur minima motivazione, sarebbe già stata schiacciata dalla violenza della guerra».

«Di quell’italia che si è ribellata, di quella che voleva ridare speranza e democrazia al paese dopo 20 anni di dittatura, di quello sforzo per un futuro di pace parliamo alle scuole e nelle piazze di tutta Italia. Oggi agli studenti ricordiamo le leggi razziali e i comportamenti che hanno permesso che si arrivasse a certe situazioni, spieghiamo che le differenze ci saranno sempre ma che lo sforzo dev’essere rivolto al loro superamento perché pace e diritti vadano di pari passo. È questo il senso del 25 Aprile».