ANCONA – L’età media della popolazione si è alzata considerevolmente. Di contro, si fanno sempre meno figli. Il risultato: la percentuale degli anziani continua a crescere, e con essa i problemi che fanno riferimento al target in questione.
Giorgio Cataldi, coordinatore del Cupla Marche (Comitato Unitario Pensionati Lavoratori Autonomi), quali saranno le nuove sfide dell’associazione sotto la sua guida?
«Intanto il rilancio stesso del Cupla, un’azione importante perché oltre ad impegnarci per risolvere i problemi che riguardano la fetta di popolazione a cui ci rivolgiamo, ci poniamo anche e soprattutto come interlocutore principale le istituzioni del territorio come la Regione Marche e i Comuni».
Quali sono i problemi che affliggono i pensionati lavoratori autonomi?
«I problemi sono tanti, ma riguardano anche i pensionati dipendenti. Io li dividerei in due macrosettori: il problema della non autosufficienza e quello dell’invecchiamento attivo».
Andiamo con il primo.
«Il problema della non autosufficienza è grandissimo, e in Italia non c’è una legge nazionale a riguardo. Stiamo cercando, insieme ai sindacati dei lavoratori, di dare sostegno alla formazione di una legge nazionale che dia risposte ad alcuni problemi essenziali come l’aiuto alle famiglie attraverso la definizione di servizi qualificati».
E sulla questione dell’invecchiamento attivo?
«È importante per un pensionato autonomo avere la possibilità di trasmettere il suo sapere, penso in particolare ai tanti artigiani che hanno alle spalle decenni di lavoro. Dunque occorre aprire la strada per far sì che costoro possano trasmettere la propria esperienza ai giovani. Ecco cosa si intende per invecchiamento attivo».
Ma non c’è una distanza ormai abissale tra le nuove generazioni e gli anziani?
«Infatti entriamo nel territorio delle competenze digitali. Un’altra priorità è sicuramente quella di formare gli anziani alle nuove modalità di comunicazione. La pandemia ha accelerato lo sviluppo delle competenze digitali e non possiamo lasciare che gli anziani siano tagliati fuori da tutto questo».
Lei ha citato la pandemia, viene da sé fare una liaison tra l’emergenza che stiamo vivendo e la sanità.
«La sanità ha dimostrato, nonostante la buona volontà degli operatori, tutte le sue criticità. Gli ospedali e il sistema di prevenzione devono dare una prima risposta a livello locale. Fondamentale la questione delle case di riposo: si è visto chiaramente in che condizioni erano e sono scoppiate molte contraddizioni in merito».
In quali altri settori è doveroso, secondo lei, coinvolgere gli anziani?
«Mi vengono subito in mente la cultura e il turismo. L’anziano va considerato come un portatore di interessi che può dare una mano e ha diritto di avere una vita adeguata».
E sul problema pensioni?
«A seguito del meccanismo del taglio delle rivalutazioni e dell’aumento della tassazione locale, che incide sulle pensioni minime, molti anziani, soprattutto del lavoro autonomo, sono in difficoltà, se non addirittura in regime di povertà. Dunque è necessario fare un intervento sfruttando le risorse del recovery plan. Non dimentichiamoci che povertà significa non inclusione sociale».
Si può agire in qualche modo a livello locale?
«Ci interessa la legge regionale n. 1 del 28 gennaio 2019. Sulla carta è una legge molto importante perché cerca di affrontare in modo coordinato tutti i problemi della terza età. È uno sforzo che sta facendo la Regione ma ci vorrà molto tempo. Ancora non è stato fatto un piano annuale delle attività per questa legge. Si lavora per formare un coordinamento e noi vogliamo partecipare per dare il nostro aiuto a trovare le migliori risposte riguardo l’invecchiamento attivo».
La questione è articolata e complessa, ma se dovesse scegliere due asset su cui puntare subito?
«Formazione continua per la terza età in ambito digitale, altrimenti l’anziano viene espulso dal tessuto sociale. E per quanto riguarda gli artigiani, far sì che possano trasmettere la loro esperienza ai giovani».