ANCONA – Un incontro sulla storia e la cultura delle Grotte del Passetto, con un omaggio alla memoria di Sauro Marinelli, l’ultimo pescatore del Passetto. È quanto accadrà sabato (21 dicembre), alle ore 17, alla Casa de Niarchi, in via Fornaci Comunali ad Ancona. Ad organizzare l’incontro Silvio Boldrini di Arcopolis.
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Attesissimi l’intervento del docente di biologia Alberto Dubini e la proiezione del bellissimo cortometraggio I grottaroli, della regista anconetana Cecilia Pignocchi, che precederà la presentazione del libricino Lettera a Sauro, l’ultimo pescatore grottarolo di Boldrini. In prima fila ci saranno ovviamente la moglie di Marinelli, Giovanna Ciccarelli, e i figli Paola e Mirco.
«In questo modo daremo valore alla cultura significativa del nostro territorio, quella dei pescatori grottaroli, che purtroppo sta scomparendo, anzi ormai è scomparsa. Una cultura di cui Sauro Marinelli è stato l’ultimo testimone, l’ultimo rappresentante attivo – le parole di Boldrini –. Una cultura che porta con sé un proprio modo di vedere la vita, un proprio stile di vivere la quotidianità».
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Boldrini, cosa dobbiamo aspettarci dall’incontro di sabato?
«Ci è sembrato importante riconoscere la radice culturale del nostro territorio perché sentiamo l’esigenza di doverla ricordare e di doverla tramandare. Con tutte le trasformazioni che ci sono state, la globalizzazione e via dicendo, queste radici culturali sono state sradicate dall’economia finanziaria. Ed è un peccato perdere i significati profondi che queste culture hanno dentro di sé, ancora più se si tratta di culture appartenenti al nostro territorio».
Prosegua…
«Sul palco, prima della cena organizzata dai pescatori arcaroli («e non grottaroli», precisa), svariate testimonianze di chi ha conosciuto Marinelli. Sauro è morto proprio nel periodo in cui pescavamo insieme (clicca qui). Io ho ereditato la sua barca e la licenza da pesca, ma non mi ritengo un grottarolo, nonostante io abbia la grotta. Vedete, la cultura dei grottaroli appartiene solo a chi l’ha vissuta, non basta avere una grotta o una barca da pesca. È molto di più».
Cosa rappresenta il Passetto per lei?
«È casa, è il mio mare. È più casa di casa mia. È un mare che noi anconetani sentiamo profondamente nostro, lo custodiamo con tanta gelosia e protezione, forse troppa. Tanto che non si è mai trasformato in un luogo turistico. Un po’ come la prateria per i nativi americani. Non a caso, l’idea di questo appuntamento nasce dall’emergenza di voler ricordare e tramandare i tratti di una cultura, che sta scomparendo. Se non lo facciamo adesso, rischiamo di perdere il valore di tutto ciò. A mio avviso, questo pezzo di storia andrebbe insegnato nelle scuole».
Chi era per lei Sauro?
«Ci siamo legati come padre e figlio. Quando lo ascoltavo, anche se non lo esprimeva, lui era felicissimo di tramandare i suoi racconti e le sue esperienze a me. Ed io ero orgoglioso di poter salire con lui sulla sua barca. Era il vero capo villaggio, un riferimento per tutti al Passetto. Ho potuto conoscere questa cultura grazie a lui. Sauro era un uomo di una saggezza profonda che aveva conoscenze sulla vita e sulla pesca che oggi è impossibile trovare, un uomo di un mondo che non c’è più, una biblioteca vivente. Sapeva fare tutto: il cacciatore, l’elettricista, l’idraulico. In qualsiasi aspetto pratico della vita, non era impreparato. Così come tutti i grottaroli. Forse poteva sembrare rude, ma aveva un cuore molto buono e dolce, era molto vicino agli animali».
Davvero?
«Sì, aveva persino costruito una casetta per uno scoiattolo a cui lasciava una nocciolina ogni volta che scendeva dallo stradello. Quando pescavamo, le lische le dava in pasto ai gabbiani. Era inserito nel cerchio sacro della vita. Sauro l’ho amato molto».