ANCONA – «Il decreto appena rilasciato dal Governo Conte prevede un lock down fino a maggio: una follia!» è un attacco duro e deciso quello del presidente di Confindustria Marche Claudio Schiavoni.
«Ci saremo aspettati una riapertura graduale delle nostre aziende, e per questo abbiamo lottato con tutte le nostre forze, ma evidentemente chi ci governa non ha capito un concetto essenziale: l’azienda è ad oggi il luogo più sicuro dove stare. In questi giorni ho avuto modo di parlare con decine di colleghi imprenditori in tutta la regione e vi posso assicurare che tutti noi abbiamo messo in atto dei protocolli rigidissimi: utilizzo di dispositivi di protezione individuali, distanziamento, turni di lavoro, ingressi alternati, sanificazione. Se queste misure garantiscono il contenimento del contagio nelle aziende che hanno un codice ATECO che rientra nella lista delle attività che possono continuare, qualcuno ci deve spiegare perché per le altre aziende questo non debba essere sufficiente! Questa non è una lista di codici Ateco: è una Schindler’s list, che decreta chi deve vivere e chi morire».
«Lo ripeto: i nostri collaboratori non sono a rischio, il rischio di contrarre il virus è molto più basso nelle aziende che in tanti altri luoghi» afferma Schiavoni.
«D’altronde- dice Schiavoni- da un Governo che fin dall’inizio ci ha propinato il miraggio di una decrescita felice che cosa potevamo aspettarci? Se continuiamo così tutte le misure messe in atto, a partire dai 400 miliardi in prestito che secondo loro dovrebbero risolvere tutti i nostri problemi, non serviranno assolutamente a nulla: le aziende chiuderanno o nella migliore delle ipotesi perderanno enormi quote di mercato e posti di lavoro a favore dei concorrenti esteri che hanno Governi più lungimiranti, che non hanno fermato il motore produttivo come sta succedendo nel nostro Paese. Ci sono settori, come quello della Moda, legato alla stagionalità dei prodotti, che perderanno un anno di lavoro: tutto il Made in Italy che si afferma di voler tutelare subirà un contraccolpo durissimo».
«Forse è giunto il momento che anche l’opinione pubblica si renda conto che se fermiamo le aziende fermiamo il Paese. Senza lavoro non c’è reddito e senza reddito non ci sono entrate per il pubblico: senza entrate ci saranno dei tagli ai servizi e tra i servizi ci sono anche gli ospedali pubblici e i ticket per i farmaci».