ANCONA- Arcigay Ancona è realtà. Una settimana fa, sabato 9 novembre, Comunitas APS, associazione LGBTI+ della provincia di Ancona, si è affiliata alla rete Arcigay. A presentarla al Consiglio Direttivo Nazionale per l’affiliazione Elvio Ciccardini, presidente del Comitato Arcigay Agorà (Pesaro-Urbino) attivo ormai da 20 anni.
«Il 28 agosto 2018 abbiamo costituito Comunitas APS per dare vita ad una comunità LGBTI+ nel territorio della provincia di Ancona. Fin da subito abbiamo iniziato a collaborare con Arcigay Agorà realizzando insieme varie attività di natura sociale e culturale, tra cui il Marche Pride, il primo Pride della regione- afferma Matteo Marchegiani, segretario generale Arcigay Comunitas Ancona-. Ora siamo ufficialmente un’associazione affiliata alla rete nazionale di Arcigay, il prossimo anno diventeremo comitato vero e proprio».
Il segretario generale di Arcigay Comunitas è di Civitanova, ha 20 anni e studia Giurisprudenza all’Università di Macerata.
Matteo Marchegiani come mai avete scelto Ancona per l’Arcigay?
«Non volevamo lasciare scoperto il capoluogo di regione e in questo modo riusciamo a coprire sia l’anconetano che il territorio più a sud».
Che cosa è cambiato con l’affiliazione di Comunitas ad Arcigay?
«Ora rappresentiamo Arcigay e alle spalle non abbiamo solo i nostri soci ma tutta la comunità. Siamo più conosciuti e stanno arrivando moltissime richieste di adesione».
Avete in programma qualche iniziativa?
«Nell’immediato no. Intanto continuiamo a fare ascolto e ad organizzare attività di sensibilizzazione e di prevenzione per le infezioni sessualmente trasmissibili. Pensi che anche gli etero vengono da noi a chiedere informazioni. Qualsiasi attività abbiamo realizzato, abbiamo cercato di coinvolgere i membri della comunità, i cittadini e le istituzioni. Il nome Comunitas non è stato scelto a caso: vogliamo essere il punto di riferimento per la comunità marchigiana».
In materia di diritti civili qualcosa rispetto al passato è cambiato per la comunità LGBTI+. Che cosa c’è ancora da fare?
«Rispetto al passato le cose sono cambiate ma sono migliorate di poco. C’è ancora molto lavoro da fare. Ad esempio manca una legge contro l’omobitransfobia che, per gli atti di violenza, riconosce come aggravanti l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Siamo riusciti ad ottenere una legge sulle unioni civili ma si può migliorare con il riconoscimento del matrimonio ugualitario e lo stepchild adoption. È necessaria un’azione forte da parte delle associazioni ed un costante lavoro sul territorio insieme alle istituzioni in quanto ancora oggi, le persone vengono discriminate per il proprio orientamento sessuale e identità di genere. Occorrono azioni positive come l’educazione all’affettività per rompere l’odio nei confronti della comunità LGBTI+».
Quali sono le difficoltà che ancora oggi la comunità LGBTI+ incontra?
«La difficoltà è connessa al pensiero che la gente ha nei tuoi confronti. Gay, lesbiche, trans ecc… non hanno problemi ad essere così come sono. Sono le persone che spesso ti fanno sentire sbagliato, eppure non siamo diversi da loro. La comunità LGBTI+ ha bisogno di visibilità e il pride è uno strumento per farlo. Dobbiamo stimolare il dialogo con tutto e tutti anche con chi è contrario a noi».