Ancona-Osimo

Cgil Marche: «I marchigiani si curano fuori regione. Scivoliamo verso il privato»

Il segretario regionale Giuseppe Santarelli: «Mentre al G7 Salute si parla di salute dei cittadini, noi manteniamo alta l'attenzione sulla condizione della sanità nella nostra regione»

Un momento del convegno Cgil Marche

ANCONA – Un’altro G7 Salute, quello del dissenso, va in scena alla facoltà di Economia all’ex caserma Villarey, protagonista la Cgil Marche in un convegno che parla di sanità e di quanti marchigiani siano costretti a rinunciare alle cure oppure a farsi curare fuori regione. Le Marche nel 2021 hanno speso per la sanità pubblica 3,1 miliardi di euro, equivalenti a 2091 euro annui per abitante, cifra inferiore al valore medio del Paese (2144 euro annui). Nella regione la partecipazione delle famiglie alla spesa sanitaria totale è del 23,7%.

È il quadro che emerge dai dati Istat del 2021, rende noto la Cgil Marche. Soprattutto dopo la pandemia emerge sempre di più il problema della rinuncia alle prestazioni sanitarie: nel 2023, infatti, il 9,7% della popolazione dichiara di aver rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici pur avendone bisogno. I dati sono in crescita sia rispetto all’anno precedente sia rispetto al 2021. L’alternativa alla rinuncia, in una buona parte dei casi, è lo spostamento per andare a curarsi in altre regioni.

«Una situazione molto complicata – spiega Giuseppe Santarelli, segretario generale Cgil Marche – che denunciamo da tanti anni. La situazione delle Marche è complicata anche da prima di quest’ultima giunta, ma negli ultimi quattro anni noi monitoriamo una serie di indicatori in maniera costante che ci dicono che la situazione è peggiorata. La capacità del sistema pubblico di dare servizi, di offrire una tutela alla salute dei marchigiani è diminuita di molto. E lo ha fatto su una serie di indicatori, quello della mobilità passiva che aumenta, sempre di più i marchigiani che vanno a curarsi nelle regioni vicine, soprattutto in Emilia Romagna, mobilità passiva aumentata del 34% rispetto agli anni precedenti alla pandemia. E poi il problema dell’aumento delle liste d’attesa non solo per gli interventi ma anche per la diagnostica. Riteniamo sia opportuno, proprio nei giorni in cui i sette Paesi più importanti della terra si ritrovano ad Ancona per discutere della salute dei cittadini, parlare anche della condizione della sanità nella nostra regione e nel Paese».

Riguardo alla mobilità passiva, allo spostamento in altre regioni per diagnosi e cure, l’Agenas, Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, riscontra che la spesa effettuata dalla Regione Marche per i propri residenti che vanno a curarsi in strutture sanitarie di altre regioni è più alta rispetto ai ricavi per le cure offerte dalle proprie strutture ai residenti di altre regioni. Nel 2022 per i ricoveri il saldo è di circa -27 milioni di euro, mentre per le prestazioni ambulatoriali il valore si attesta a –13,9 milioni di euro.

«I punti critici sono sotto gli occhi di tutti – rincara la dose Loredana Longhin, segretaria regionale Cgil Marche al convegno Contro il mercato della salute: per una sanità pubblica e universale – e riguardano il fatto che nel 2023 tantissime persone hanno rinunciato a curarsi. La ragione principale deriva dalla lungaggine delle liste d’attesa. L’altro problema grave è quello della mobilità passiva: le persone per curarsi devono fare i cosiddetti viaggi della salute. Negli ultimi giorni anche la Corte dei Conti ha redarguito la Regione Marche in merito ai medici gettonisti. Noi abbiamo i pronto soccorso gestiti dai medici gettonisti, cosa che non è più possibile, sono elementi che vanno in qualche modo risolti. Inutile che si dica che la riforma della legge 19 che riorganizza la sanità regionale migliora la stessa sanità, perché non è così. Tutti gli indicatori ce lo confermano. Dire queste cose è oltraggioso e ridicolo nei confronti di quelle persone che invece sono costrette per curarsi ad andare fuori regione. Ormai anche nelle Marche assistiamo a uno scivolamento verso il sistema privato, dove prevale la logica della prestazione e non la presa in carico della persona. L’unica idea di salute possibile è quella pubblica e universale, capace di rimettere al centro la persona con tutti i suoi bisogni».