ANCONA – Un convegno per parlare della crisi adolescenziale: l’appuntamento è per il 25 ottobre, alle 16.30, nella Sala consiliare di Palazzo del Popolo, ad Ancona (in Largo XXIV Maggio).
Ad organizzarlo, l’associazione FANPIA – Famiglie Neuropsichiatria Infanzia Adolescenza Odv (con l’appoggio del Comune di Ancona e dell’Azienda ospedaliero universitaria). Che a dire il vero non è nuova nell’organizzare convegni, corsi di formazione per genitori ed insegnanti: «Ci sembrava il momento giusto, anche in relazione al G7 Salute ospitato nella nostra città, impegnarci su un tema attualissimo come quello degli adolescenti. Un tema sul faticoso rapporto che spesso instaurano con i propri genitori. Relazioni sempre più alla ribalta anche a causa dei fatti di cronaca che ci lasciano sempre più attoniti», evidenzia la presidente della Fanpia, Barbara Guidi.
«Nel nostro centro, in piazza Salvo d’Acquisto, sono attivi percorsi psicoeducativi e psicologici per genitori e ragazzi, di gruppo ed individuali, tramite i quali accogliamo e sosteniamo il disagio giovanile e delle loro famiglie di origine. La conferenza del 25 ottobre sarà uno spazio importante per discutere di queste problematiche con un autorevole esperto del settore, come il dottor Leonardo Mendolicchio. Sarà un evento rivolto ai genitori, agli insegnanti e a tutti coloro che si rapportano con i ragazzi, allenatori, educatori».
Dottor Mendolicchio, medico psichiatra e psicoanalista, quali sono i problemi più frequenti che riscontra tra gli adolescenti e i loro genitori?
«Sotto un piano medico, terapeutico e clinico, direi che i classici disturbi che impattano sulle famiglie italiane sono l’anoressia, la bulimia, l’autolesionismo, l’hikikomori, il disagio scolastico, il ritiro sociale. Tutta una serie di patologie, disturbi e sintomi legati al tema dell’identità. C’è un grande comune denominatore nella sofferenza degli adolescenti di oggi che riguarda il tema dell’identità. La domanda è ´chi sono io in un mondo che sta cambiando in modo radicale?´».
Prosegua…
«Se dovessimo fare una riflessione un po’ più approfondita, il grande sintomo è la difficoltà di comunicare tra le generazioni che sono così vicine ma tanto diverse rispetto ai linguaggi. Il grande sintomo che si annida nelle famiglie degli italiani è il silenzio, la non comunicazione, la difficoltà di comprendersi vicendevolmente. Spesso, gli adolescenti si sentono soli, incompresi e senza la possibilità di poter comunicare con qualcuno che possa capire il loro dolore».
Come mai si assiste sempre più spesso a fatti di cronaca, di (tentati) omicidi ai danni dei propri genitori?
«C’è molta rabbia sociale, rabbia diffusa. Che spesso colpisce in una logica intergenerazionale. E ciò si produce negli atti di violenza sia all’interno delle famiglie che nelle scuole. Non sono solo gli omicidi in famiglia, ma anche gli atti di violenza che i ragazzi mettono in scena nei confronti dei docenti. Credo che il tema – in un momento di grossa difficoltà comunicativa – è quello di un grosso scollamento tra la generazione dei post-adolescenti e degli adulti. Anche alla luce della grande rivoluzione digitale e del linguaggio. C’è una non comunicabilità che diventa rabbia. Che poi esplode in forme assolutamente incontrollate e molto feroci».
Alla luce di ciò, quali sono le potenziali soluzioni?
«Dobbiamo anzitutto ammettere che siamo in un momento di grande emergenza educativa pedagogica. In Italia, il sistema famiglia, così come il sistema sociale, è in difficoltà, ci sono enormi questioni politico-economiche che si addensano nelle case di molti italiani. E la soluzione è ripensare ad un network pedagogico-educativo che funzioni, dove gli attori e gli stakeholders in campo (scuola, sport, associazionismo) possano fare rete nel ricostruire un tessuto attorno agli adolescenti che li possa far sentire compresi, capiti, tutelati e protetti nel loro percorso di crescita».