ANCONA – Mentre la Cop29 che si tiene a Baku in Azerbaijan è giunta alla sua seconda settimana, il rapporto del MedECC sui rischi climatici e ambientali costieri nel Mediterraneo apre scenari preoccupanti. La rete aperta e indipendente di scienziati evidenzia che l’aumento di 1,5° C rispetto all’era preindustriale nel bacino del Mediterraneo è stato già raggiunto nel 2020 e che entro la fine di questo secolo potrebbero essere raggiunti i +2,9°C. Non solo la temperatura dell’atmosfera, ma anche quella del mare continua a salire di anno in anno in quest’area, tanto che per la fine del secondo potrebbe raggiungere il dato record di +2,7-3,8°C.
Secondo la relazione degli esperti il livello del Mediterraneo si alza al ritmo preoccupante di 2,8 mm all’anno circa, un valore che risulterebbe doppio rispetto alla media del 20° secolo: l’innalzamento del mare potrebbe superare il metro entro la fine del secolo. Preoccupante anche il dato relativo all’erosione costiera che secondo gli scienziati in alcune aree potrebbe toccare i 23 metri nell’arco dei prossimi 25 anni (entro il 2050).
Ad aggravare lo scenario delineato dal MedECC anche la riduzione delle precipitazioni in gran parte dell’area, mentre in alcune zone settentrionali, Italia inclusa, è previsto l’incremento delle piogge intense con il rischio di fenomeni alluvionali che già si stanno verificando. Il report mette in luce come le coste del Mediterraneo siano tra le aree del mondo con la maggiore probabilità di incorrere in fenomeni estremi sempre più frequenti sul livello del mare (+10% entro il 2050 e +22% entro il 2100) e in un incremento delle inondazioni.
«A causare l’innalzamento del livello delle acque del Mediterraneo è lo scioglimento dei ghiacciai presenti sulla terraferma, un fenomeno che stiamo già osservando – dice il professor Giorgio Passerini, docente di Fisica Tecnica Ambientale all’Università Politecnica delle Marche -. Alcuni ghiacciai europei, come ad esempio quelli svizzeri, sono in posizione critica e questo rappresenta un rischio. Purtroppo l’innalzamento del mare è un fenomeno che non possiamo contrastare, a differenza delle alluvioni, e anche se ci rimbocchiamo immediatamente le maniche e mettiamo in atto azioni per ridurre le emissioni inquinanti in atmosfera, queste non produrranno significativi effetti, nel breve periodo, sul livello delle acque del Mediterraneo».
L’esperto evidenzia che, «almeno prima di un decennio, le emissioni di CO2 in atmosfera non si ridurranno anche intraprendendo soluzioni per la transizione ecologica, sappiamo che per i prossimi 30 anni dobbiamo aspettarci temperature sopra le medie climatiche e la risalita di tutti i livelli del mare, specie in Italia. Questo accentuerà il fenomeno dell’erosione costiera e renderà le mareggiate più impattanti anche nelle Marche».
Nel territorio regionale, spiega, le zone più a rischio sono quelle del Nord e del Sud, dove metri di spiaggia verranno inghiottiti dal mare: «Il nostro sistema di spiagge ne risentirà – prosegue – e potremmo rischiare di perdere la metà degli arenili. Diversi tratti potrebbero finire sommersi specie nelle località sabbiose, come Senigallia, Grottammare, San Benedetto».
Il Conero, con le sue spiagge degradanti, potrà risentire di meno di questo fenomeno, spiega, ad eccezione di zone come Portonovo o le spiagge di Sirolo. «L’aumento del mare avrà una particolare valenza in Italia, specie nella Pianura Padana, un’area dove la risalita di acqua salmastra potrà creare problemi all’agricoltura e cancellare chilometri di costa» dice Passerini.
Nelle Marche il sistema di falde acquifere sotterranee è in equilibrio tra la presenza di acqua dolce e di acqua salata, «nel momento in cui si verifica un importante innalzamento del livello del mare, si ha un’alterazione di questo equilibrio con risalita dell’acqua salmastra fino ai fiumi e questo potrà avere come effetto anche una riduzione dell’apporto di sedimenti dai fiumi e dai torrenti con insabbiamento di alcuni porti».