Ancona-Osimo

Cresce la cementificazione nelle Marche, la prof dell’Univpm: «Salvaguardare il suolo è cruciale per la biodiversità»

Ad Ancona due orti sociali per recuperare e riutilizzare terreni cementificati o asfaltati riattivandone la funzionalità produttiva. Il progetto è dell'Univpm e del Cnr

Da Pixabay, foto di goranH

«Uno dei più grandi problemi del suolo è il suo consumo che significa ‘sigillarlo’ sotto edifici, infrastrutture e piazzali cementificati e asfaltati. Un consumo galoppante che interessa buona parte delle regioni italiane e che sta aumentando anche nelle Marche». Lo spiega la professoressa Stefania Cocco, docente di Pedologia presso il Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali, Area di Scienze del Suolo dell’Università Politecnica delle Marche.

Un fenomeno fotografato anche dall’ultimo rapporto dell’Ispra che parla di 20 ettari ogni 24 ore, un dato superiore alla media decennale. Secondo l’Ispra nel 2023 la riduzione dell cosiddetto ‘effetto spugna’, ovvero la capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e di regolare il ciclo idrologico, è costata al Paese oltre 400 milioni di euro all’anno (stima).

Nel Paese complessivamente il consumo di suolo rimane ancora troppo elevato, e solo in piccola parte è compensato dal ripristino di aree naturali. Le Marche spiccano a livello nazionale con Massa Fermana nella classifica dei comuni “Risparmia suolo”, quelli in cui le trasformazioni della copertura del suolo sono limitate o assenti nel 2024.

Nel 2023 in Italia, secondo l’Ispra, risultano cementificati più di 21.500 km2 dei quali l’88% su suolo utile. A crescere è anche la cancellazione del suolo ormai irreversibile con nuove impermeabilizzazioni permanenti pari a 26 km2 in più rispetto all’anno precedente. Il 70% del nuovo consumo di suolo interessa i comuni urbani. Si registra un calo costante della disponibilità di aree verdi tanto che meno di un terzo della popolazione urbana riesce a raggiungere un’area verde pubblica di almeno mezzo ettaro entro 300 metri a piedi.

Nelle Marche un gruppo di ricerca dell’Università Politecnica delle Marche, in collaborazione il Cnr Iret, ha condotto un approfondimento nell’ambito del progetto REUSES (Restore urban sealed soil for alternative ecosystem services). Tra i ricercatori impegnati c’è anche la professoressa Stefania Cocco, insieme ai colleghi dell’Univpm Valeria Cardelli (referente nazionale del progetto), Dominique Serrani e Andrea Salvucci, mentre per il Cnr Iret e per il Cnr Stems ci sono i professori Sara Dilonardo, Luigi D’acqui e Niccolò Pampuro. Il progetto punta al recupero e al riutilizzo di suoli sigillati in aree dismesse con l’obiettivo di riattivarne la funzionalità originaria, convertendo queste aree in orti urbani che vengono poi messi a disposizione dei cittadini.

Gli esperti dell’Univpm e quelli del Cnr Iret e Stems monitoreranno la qualità delle piante per garantirne la sicurezza alimentare e condurranno delle analisi specifiche sui metalli pesanti presenti nel suolo. Nell’ambito dell’iniziativa nel Comune di Ancona sono previsti due orti urbani: uno nell’area dell’ex mattatoio di Vallemiano e l’altro presso l’ex centrale del latte di Torrette.

Il progetto, avviato da un anno e in corso anche nel 2025, prevede la rimozione dell’asfalto e l’avvio di un primo ciclo culturale con piantumazione di coltivazioni orticole autunnali-invernali, seguito da un monitoraggio e campionamento del suolo. Nei terreni verrà poi effettuato un secondo cilclo di piantumazione, questa volta di orticole primaverili-estive, seguito dal successivo monitoraggio e campionamento del suolo. La ricerca è stata finanziata parte dal Ministero della Ricerca e parte da Fondi Pnrr.

«Se il suolo viene sigillato – spiega la professoressa Cocco – non può più essere utilizzato per le sue funzioni» ovvero Funzione produttiva (cibo e fibre), Fissazione e stoccaggio del carbonio, Miglioramento della qualità dell’acqua e dell’aria, Regolazione dell’acqua e dei flussi gassosi. Il suolo è minacciato, oltre che dalla sigillazione, anche da altri fenomeni, come quello dell’erosione, della compattazione, della salinizzazione, della desertificazione e dalla perdita di suolo.

Il suolo rappresenta una risorsa fondamentale per il Pianeta, ma la sua formazione e rigenerazione richiedono tempi geologici spesso dell’ordine di migliaia o milioni di anni. La protezione e la salvaguardia del suolo sono cruciali per preservarne la fertilità e la capacità di supportare la biodiversità. Il suolo ha un ruolo fondamentale anche nella mitigazione dei cambiamenti climatici e la sicurezza alimentare globale. Il suolo ha un ruolo fondamentale anche in termini di contrasto ai fenomeni legati alla crisi climatica: «Quando il suolo è libero – spiega – può essere penetrato dall’acqua e questo aiuta moltissimo ad affrontare momenti critici come ad esempio un’alluvione».