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Culle sempre più vuote, Staffolani dell’Univpm: «Nel prossimo ventennio avremo scarsità di manodopera a parità di domanda»

Nelle Marche il numero medio di figli per donna si attesta a 1,16, un dato lievemente inferiore a quello medio nazionale che raggiunge quota 1,20

Nelle Marche il numero medio di figli per donna è inferiore a quello nazionale, mentre l’età media delle madri è leggermente superiore. È la tendenza che emerge dall’ultimo report dell’Istat relativo a “Natalità e fecondità della popolazione residente – Anno 2023”. La fotografia scattata dall’Istituto Nazionale di Statistica mostra un calo delle nascite in Italia.

Nel 2023 le nascite della popolazione residente sono state 379.890, 13mila in meno rispetto all’anno prima, in calo del -3,4%. In pratica per ogni 1.000 residenti in Italia sono nati solo poco più di sei bambini. Una flessione che prosegue anche nel 2024: in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio le nascite sono 4.600 in meno rispetto allo stesso periodo del 2023.

Nelle Marche il numero medio di figli per donna si attesta a 1,16, un dato lievemente inferiore a quello medio nazionale che raggiunge quota 1,20 (in flessione sul 2022 quando era 1,24 in Italia). Il numero medio di figli delle donne di cittadinanza italiana si ferma a 1,09, quello delle donne, per le donne straniere è superiore e raggiunge 1,77. L’età media delle neomamme nelle Marche si attesta a 32,8 anni, leggermente superiore al dato nazionale che si ferma a 32,5 anni e leggermente inferiore alla media del Centro che tocca i 32,9 anni.

Le neomamme straniere che vivono nelle Marche sono più giovani di quelle di cittadinanza italiana, hanno 4 anni in meno (29,4 le straniere e 33,5 anni le italiane). A crescere, a livello nazionale, è anche la percentuale di nascite avvenute al di fuori del matrimonio, che nel 2023 si attestano a quota 42,4% contro il 41,5% del 2022. Il nome maschile più gettonato nelle Marche è Leonardo, quello femminile Sofia, gli stessi che predominano anche a livello nazionale.

Quale l’impatto sul sistema economico e pensionistico?
«È uno dei problemi più importanti per la realtà economica e sociale italiana – spiega il professor Stefano Staffolani, preside della Facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche – . Sappiamo già che da qui al 2040 avremo circa 4 milioni e mezzo in meno di persone in età da lavoro, nel 2050 questa quota potrà ulteriormente salire si stimano infatti 6 milioni circa di potenziali lavoratori in meno. Per mantenere costante la popolazione dovremmo avere un tasso di fecondità pari a 2, il dato più basso fa presagire per i prossimi decenni una scarsità di manodopera a parità di domanda, sia in Italia che nelle Marche».

Un quadro che potrà avere effetti pesanti non solo sull’economia ma anche sul sistema pensionistico, infatti come evidenzia il preside di Economia «se attualmente per ogni pensionato ci sono tre lavoratori e mezzo, dobbiamo aspettarci che per i prossimi anni per ogni pensionato ci sarà un solo lavoratore e questo genera una problematica di sostenibilità del sistema pensionistico». Anche mettendo in atto misure immediate per incentivare la natalità queste «non avrebbero effetto sul mercato del lavoro prima di un ventennio,. per questo siamo abbastanza sicuri che da qui ai prossimi 20 anni dovremo fare i conti con la scarsità di manodopera».

Quali le misure possibili?
«In altri Paesi come Olanda, Germania e Canada, i governi stanno incentivando fortemente l’immigrazione, una delle poche misure utili. In Italia però viene ammessa una immigrazione regolare di circa 150 mila persone l’anno, mentre ne sarebbe necessario almeno il doppio o il triplo. Inoltre sappiamo anche che entreranno nel mercato del lavoro giovani abbastanza qualificati, con almeno un diploma, per questo possiamo già prevedere che la scarsità di manodopera riguarderà anche le qualifiche più basse» incentivata anche dall’emigrazione che non è costituita solo dalla fuga dei cosidetti ‘cervelli’, spiega, ma anche da lavoratori, come ad esempio camerieri e altre qualifiche, «che scelgono di trasferirsi all’estero perché meglio pagati».

Quali i rischi per le Marche?
«Le Marche sono una regione anziana e con una natalità più bassa della media nazionale. Per incentivare la natalità occorre combattere la discriminazione delle donne nel mondo del lavoro. Sappiamo che le donne che hanno figli guadagnano mediamente il 20% in meno delle donne che non hanno figli, la maternità ha effetti sulla retribuzione non solo nell’immediato, ma anche a lungo termine. Per questo bisogna anche incentivare le politiche sulla famiglia. Non solo, è necessario anche incentivare la partecipazione al lavoro di coloro che non sono occupati, sia giovani che anziani in età da lavoro. Le imprese dovrebbero incentivare invece l’automazione. La misura principe – conclude – resta quella di favorire l’immigrazione, indirizzandola verso le qualifiche di cui c’è maggiore scarsità».