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Gas, scorte sotto il 70% in Ue. L’economista di Univpm: «Si acceleri la transizione ecologica»

Tra gli effetti della riduzione delle riserve di gas, c'è il caro bollette che pesa sulle tasche delle famiglie e delle imprese. Ecco le riflessioni del professor Gallegati

Diminuiscono le riserve di gas naturale in Europa dove le scorte sono scese sotto la soglia del 70%. Un valore che ha destato una certa preoccupazione sul fronte della stabilità energetica in un periodo, come quello attuale, in cui ci attendono ancora alcuni mesi freddi prima dell’arrivo della primavera con temperature più miti. Il gas naturale è un fattore cruciale sia per il riscaldamento domestico che per la produzione energetica.

Tra gli effetti della riduzione delle riserve di gas, c’è quello del caro bollette che finisce per pesare non solo sulle tasche delle famiglie, ma anche sulle imprese, con un impatto sull’intera economia. Secondo i dati di Gas Infrastructure Europe, l’associazione dei gestori delle reti nazionali, lo scorso 5 gennaio le scorte continentali sono scese al 69,94%
a 802,71 TWh. Un anno prima erano all’84% a 960,26 TWh, poco sopra l’83,24% a 931,83 TWh del 5 gennaio del 2023.

Va meglio per Germania e Italia: i due Paesi infatti si mantengono al di sopra della media europea, rispettivamente al 77,18% a 194,12 TWh e al 77,9% a 155,86 TWh (dato al 5 gennaio), ma in calo rispetto ai due anni precedenti. L’Italia, il 5 gennaio del 2024, aveva scorte al 79,37% a 156,33 TWh, mentre l’anno prima era all’81,8% a 158,23 TWh. Valori sensibilmente inferiori erano stati registrati il 5 gennaio del 2022 al 62,95% a 124,47 TWh e l’anno prima, al 72,34% a 142,42 TWh. 

Quali sono i rischi collegati alla riduzione delle scorte? Perché si è determinato un quadro simile? Lo abbiamo chiesto all’economista dell’Università Politecnica delle Marche Mauro Gallegati. «Le temperature più rigide hanno fatto aumentare i consumi, non di molto, ma quanto basta per ridurre le scorte – dice -. Il rischio principale è legato alla speculazione sui prezzi: un rincaro entro il 10% è ammissibile, di più è speculazione. Da un lato però questo potrebbe aprire la strada ad un maggior ricorso all’energia da fonti rinnovabili, ma al momento non mi sembra che questa soluzione rientri fra le strategie del governo nazionale».

Dal punto di vista dei possibili effetti nelle diverse aree del Paese, «molto dipenderà dal freddo. Al Nord le temperature più rigide comporteranno un maggior ricorso all’uso dei riscaldamenti e con esso a un aumento ulteriore dei consumi». Poi c’è l’impatto sulle imprese che potrebbero essere penalizzate in termini di competitività e livelli produttivi.

Secondo Gallegati «il Piano Mattei può essere utilizzabile, ma non risolutivo, in quanto l’energia prodotta dall’Algeriza deriva dal petrolio, quindi è inquinante. La soluzione proposta da Trump, quella dei rigassificatori, presenta troppi pericoli per la sicurezza delle persone. Bisognerebbe invece lavorare per accelerare la transizione ecologica, una soluzione che però non viene presa in considerazione». Per evitare speculazioni «serve un price cup, un prezzo limite al petrolio», dice, spiegando che in ogni caso «non dobbiamo preoccuparci al momento della riduzione delle scorte di gas naturale».

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