ANCONA – Il diritto alla disconnessione ha assunto un ruolo sempre più rilevante nel dibattito pubblico e politico a seguito dell’aumento della quota dei lavoratori in smart working, specie nella fase della pandemia di Covid-19. Lavorare da casa da un lato ha portato a un abbattimento dei costi legati al trasferimento presso la sede di lavoro, con effetti positivi sulle tasche dei lavoratori e anche sull’ambiente per la riduzione del traffico veicolare con conseguente riduzione degli inquinanti atmosferici.
Il risvolto negativo della medaglia è rappresentato dalla difficoltà per il lavoratore di ‘staccare la spina’. Il confine tra lavoro e spazio di vita personale infatti si è andato via via assottigliando a causa della ‘connessione’ costante, o per meglio dire dell’iperconnessione, con gli strumenti digitali come mail, chat e piattaforme aziendali. Il diritto alla disconnessione consiste in pratica nel diritto per il lavoratore di essere irreperibile al di fuori dell’orario di lavoro e durante la pausa pranzo, ad esempio. Il problema però è proprio quello di stabilire un orario definito e certo che possa consentire di mettere quei sacrosanti paletti oltre i quali la vita lavorativa deve lasciare spazio alla vita personale, alla famiglia, al tempo libero, allo svago, allo sport, e così via.
In Italia è stata depositata una proposta di legge per garantire il diritto alla disconnessione, inteso non solo per i lavoratori dipendenti, ma anche per gli autonomi ed i professionisti, come il diritto a non ricevere comunicazioni fuori dall’orario di lavoro e per un periodo minimo di dodici ore dalla fine del turno lavorativo. Questa proposta di legge prevederebbe che in caso di comunicazioni fuori dall’orario di lavoro, il lavoratore sarebbe tenuto a leggere le comunicazioni e a dare seguito solo alla ripresa dell’orario lavorativo.
Il punto di vista del sindacato
«La proposta di legge sul diritto alla disconnessione se approvata aiuterebbe molto a garantire un diritto dei lavoratori, ovvero quello ad avere un orario definito, al di là della flessibilità prevista dal contratto in smart working» spiega Luca Talevi, reggente Fp Cisl Marche. «Stiamo già prevedendo nei contratti collettivi il diritto alla disconnessione – prosegue il sindacalista -, un principio importante per garantire al lavoratore la giusta libertà dopo l’orario di lavoro».
La difficoltà a tradurre la teroria in pratica è rappresentata dal fatto che per alcuni datori di lavoro la reperibilità oltre l’orario è considerata quasi come dovuta. «La reperibilità è un istituto contrattuale che può essere applicato all’interno dei limiti posti dal contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento – spiega Talevi – che quindi va ovviamente pagata come da contratto. Purtroppo alcuni datori di lavoro intendono la reperibilità come l’essere sempre a disposizione, ma questo è contro ogni disposizione normativa e contrattuale» conclude.
Diritto alla disconnessione: i risvolti per la salute
Tra gli effetti negativi dell’iperconnessione non c’è solo l’erosione del tempo da dedicare alla vita personale: la pressione ad essere sempre rintracciabili e disponibili, limita il riposto e lo svago, creando stress. Quando la situazione di pressione e stress diventa cronica si può incorrere nel burnout. Si tratta di una sindrome legata allo stress da lavoro, che porta il lavoratore all’esaurimento delle proprie risorse psico-fisiche, alla manifestazione di sintomi psicologici negativi come nervosismo, demoralizzazione, irrequietezza, apatia, che possono associarsi anche a problematiche fisiche come disturbi del sonno e cefalea.
«I casi di burnout sono in aumento» spiega la psicoterapeuta clinica, Alessia Tombesi evidenziando che si tratta di un disturbo «spesso trascurato nonostante i sintomi, specie dai liberi professionisti, finché non c’è l’apice della crisi, solitamente molto violenta».
La prevenzione «è fondamentale – prosegue la psicoterapeuta – il lavoratore quando sente pesantezza e malessere non deve mai trascurare questi segnali e imparare a staccare la spina, specie dalle chat che arrivano continuamente». Tombesi ricorda l’importanza di stabilire un confine tra vita lavorativa e privata e di «prevenire anche attraverso un’azione di sensibilizzazione da parte delle associazioni di categoria. Bisogna regolamentare il diritto alla disconnessione con una apposita legge, perché nessuno può essere reperibili h24. Il lavoro serve per vivere, questo è il suo scopo, e non si può vivere di lavoro».