ANCONA – «Riconoscere il valore vitale, il capitale naturale e l’importanza sociale dell’acqua è un tema giustamente sempre più centrale nelle agende globali e locali», il cambiamento climatico, che nelle sue diverse sfaccettature si è manifestato anche con fenomeni alluvionali e siccità «sta provocando situazioni di stress e carenza idrica sempre più dilagante in Italia e nel Mediterraneo. La sfida è quella di adattarsi ai cambiamenti climatici, aumentando la resilienza idrica di territori e l’efficienza delle infrastrutture, proteggendo la risorsa da rischi per la salute dell’uomo e dell’ambiente». A fare il punto è il professor Francesco Fatone, ordinario di Impianti chimici ed ambientali presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Politecnica delle Marche.
Nella Giornata Mondiale dell’Acqua, il docente Univpm sottolinea la necessità di pianificare e programmare azioni integrate, finalizzate ad adattarsi ai cambiamenti climatici in base alle specificità naturali ed antropiche dei territori, non esistendo una soluzione unica per tutti i luoghi. «In Italia la situazione è drastica dal punto di vista della siccità e dello stress idrico – spiega -, tanto che è stato istituito un commissario straordinario di governo e una cabina di regia per coordinare le misure urgenti».
«Alla base di tutto è necessario un chiaro bilancio tra risorse e fabbisogni, fondato su dati oggettivi. Su questa base conoscitiva, il ventaglio di soluzioni deve considerare: la riduzione delle perdite e l’aumento dell’efficienza delle reti potabili ed irrigue, la manutenzione e il migliore utilizzo di infrastrutture esistenti, l’utilizzo di fonti alternative d’acqua, la costruzione di nuovi invasi, piccoli o grandi, avendo diffuse infrastrutture verdi che aumentino la capacità di trattenere l’acqua. Queste azioni hanno tempi di attuazione diversi, mentre il riutilizzo delle acque di scarico urbane, a scopo irriguo o industriale, può attuarsi in pochi anni, nuovi invasi hanno necessità di tempi più lunghi, anche decenni. Pertanto, ogni soluzione va perseguita in una pianificazione che deve essere di breve, medio e lungo termine, traguardando i prossimi decenni».
Il professor Fatone spiega che in Italia la quota di riutilizzo delle acque reflue trattate si ferma intorno al 5-10% circa, un dato che può e deve essere aumentato. Tra le attività che consumano più acqua c’è «l’agricoltura che utilizza più del 50% della risorsa, l’industria che consuma tra il 20 e il 30% di acqua e l’uso domestico che si attesta sullo stesso dato». Grazie alle risorse del PNRR si potranno efficientare le reti di distribuzione, ma «bisognerebbe estendere ed incentivare questo efficientamento a tutti i settori».
L’Università Politecnica delle Marche è in prima linea per i progetti di innovazione internazionale, finanziati dal programma Horizon Europe, a contrasto della siccità sia in ambito locale, che nazionale ed europeo, ed è consulente tecnico per il commissario straordinario unico nazionale della depurazione.
A San Benedetto del Tronto, con il CIIP, il team del professor Fatone sta studiando sistemi per il riutilizzo delle acque trattate nel bacino dell’area naturale Sentina, con l’obiettivo di garantire massima sicurezza per la salute e per l’ambiente. Invece a Jesi, con VIVA SERVIZI e WWF, ha elaborato un progetto, basato su soluzioni naturali e tecnologiche, per fare in modo che il flusso di nutrienti del bacino del fiume Esino sia sostenibile e che gli impianti possano valorizzare gli scarti della depurazione e gli sfalci della fitodepurazione. Infine a Pesaro si è supportata la pianificazione delle azioni contro siccità e scarsità idrica insieme con l’ Autorità d’Ambito, Marche Multiservizi ed ASET.