Rispetto, collaborazione, integrazione, inclusione, disciplina, impegno e sacrificio. Sono alcuni dei valori dello sport. Oggi – 6 aprile – si celebra la giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace, istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Palestra di vita e di crescita, lo sport incarna valori positivi, fondamentali nel sano sviluppo dei bambini e dei ragazzi, ai quali permette di apprendere che ogni risultato si raggiunge con sacrificio ed impegno, e permette di sviluppare il cosiddetto “senso di autoefficacia”, ovvero la convinzione delle proprie capacità, di essere in grado di vincere le proprie sfide.
«Oggi siamo molto attenti a proporre numerose attività ai bambini e adolescenti – dice la psicoterapeuta dell’età evolutiva Francesca Mancia -. Ci si preoccupa meno di dare l’esempio come adulti tramite la fruizione del momento sport: non saltare allenamenti, rispetto delle regole di buon comportamento in campo, valore del rispetto per l’altro in competizione. Dunque, gli adulti di fatto annullano, con la loro pessima gestione, il valore dello sport che tutti da sempre conosciamo. Ancora una volta i genitori sono alleati o nemici di una istituzione sociale pedagogica e creativa-ricreativa. Come per la scuola è l’adulto che altera il valore della competizione, dell’allenamento, della resilienza nei momenti di frustrazione».
Secondo la psicoterapeuta per conservare il valore positivo e pedagogico dell’attività sportiva «andrebbero date regole genitoriali al giovane sportivo: non cambiare sport continuamente, allenarsi regolarmente, seguire le indicazioni insindacabili dell’allenatore, favorire la partecipazione a gare sin da subito e lasciare che il giovane sportivo soffra delle perdite in gruppo e comunque aiutato dal suo allenatore».
A volte può capitare di vedere genitori che incitano alla vittoria a ogni costo o allenatori che insegnano a simulare, o ancora ragazzi che aggirano le regole pur di arrivare al risultato. Come evitare che la competizione possa degenerare?
«Genitori fuori dal campo di allenamento, nessun consiglio all’allenatore “perché io conosco mio figlio”, favorire sempre uscite di gruppo ed esperienze di campi estivi sportivi. Dove il genitore dovrebbe essere sempre nella sua funzione corretta di presenza autorevole e bonaria è invece quando tutti i genitori vengono invitati ad assistere sugli spalti, applaudono all’evento nel suo insieme e non certo inveendo contro la squadra avversaria o contro l’arbitro.
Il figlio nel migliore dei casi si vergognerà del pessimo contegno adulto, nel peggiore annullerà la sua capacità etica per sostenere una pessima identificazione con adulti disfunzionali».