I virus dell’influenza aviaria rappresentano una minaccia. È l’alert lanciato dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc) e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa). «Di aviaria si parla da trent’anni – spiega Andrea Giacometti, infettivologo e docente dell’UnivPm -. Nel nostro Paese ci sono stati dei casi in Nord Italia, negli allevamenti di pollame e tacchino, fortunatamente nessuno uomo ha mai contratto il virus, mentre in altre zone del mondo sono stati contagiati degli allevatori».

L’esperto spiega che «nel mondo sono stati dimostrati più di 900 casi sull’uomo con mortalità del 50% nel trentennio, ma si tratta sempre di persone a stretto contatto con il pollame, cioè allevatori. Non è stata mai dimostrata invece la trasmissione tra uomo e uomo. Negli Stati Uniti si è registrato anche un caso di contagio tra le mucche, animali che erano stati a contatto negli allevamenti con il pollame e il decesso di un allevatore. Ancora, fortunatamente, non c’è stato il salto di specie da animale a uomo».
Il virus, spiega, «non si è mai trasmesso mangiando pollo o tacchino: gli allevatori probabilmente si sono contagiati respirando le secrezioni e le feci secche degli animali. Il virus dell’influenza aviaria può trasmettersi ai suini e da questi all’uomo, l’influenza stagionale che ogni anno arriva sembra che subisca delle piccole trasformazioni, trasmettendosi anche agli uccelli e ai suini. Ogni 10-20 anni si verifica una mutazione maggiore che dà origine a una pandemia più importante come avvenuto con l’asiatica e la suina».