6 italiani su 10 sono preoccupati per i cambiamenti climatici e quasi 4 su 10 per lo smaltimento dei rifiuti e per l’inquinamento dell’acqua. È la fotografia scattata dall’Istat nel suo ultimo report. Nel 2024 la metà dei cittadini
esprime preoccupazione per la qualità dell’aria, in aumento rispetto al 2023, mentre aumenta la quota di quanti
sono preoccupati per il dissesto idrogeologico (il 28,5% della popolazione contro il 26,5% del 2023).
Solo una persona su 10 include l’inquinamento acustico, quello elettromagnetico e il deterioramento del paesaggio tra le prime cinque preoccupazioni per l’ambiente. I cittadini si dimostrano attenti alla conservazione delle risorse naturali. Nel 2024 la quota di quanti fanno abitualmente attenzione a non sprecare energia è del 71,4%, in lieve calo rispetto al 2023. Si riduce leggermente anche la quota di coloro che sono attenti a non sprecare acqua: il 68,8% contro il 69,8% dell’anno precedente.
I cambiamenti climatici si confermano il problema, in tema ambientale, che maggiormente preoccupa le persone con più di 14 anni. Le preoccupazioni legate al clima sono da tempo al centro dell’interesse delle persone over 14 anni: tra queste, la preoccupazione per l’effetto serra, che nel 1998 coinvolgeva quasi sei persone su 10, cala rispetto al
primo anno di rilevazione di circa 25 punti percentuali.
Al contrario, il timore per i cambiamenti climatici, indicato nel 1998 dal 36,0% delle persone, sale al 58,1% nell’ultimo anno (+22,1 punti percentuali). L’Istat rileva che l’attenzione della popolazione per la crisi ambientale aumenta in misura decisa a partire dal 2019 (69,2% di cittadini preoccupati), l’anno caratterizzato dal diffondersi in tutto il mondo dei movimenti di protesta studenteschi ispirati ai “Fridays For Future”.
L’indicatore si mantiene quindi stabile negli anni successivi, salvo nel 2021, anno in cui la discesa a un livello del 66,5% è determinata da fattori legati alla pandemia e alla polarizzazione dei cittadini su un altro genere di preoccupazioni connesse alla pandemia (70,8% nel 2020, 66,5% nel 2021, 71% nel 2022 e 70,8% nel 2023). L’attenzione al dissesto idrogeologico, sebbene scesa di interesse nell’arco temporale in esame (dal 34,3% nel 1998 al 28,5% della popolazione di 14 anni e più nel 2024), registra un aumento di 2 punti percentuali nel 2024, dopo una crescita di oltre 4 punti percentuali tra il 2023 e il 2022.
I giovani fino a 24 anni sono più sensibili delle persone adulte per la perdita della biodiversità (il 30,5% tra i 14 e i 24 anni contro il 18,7% degli over 55enni), l’esaurimento delle risorse naturali (28,3% contro 18,4%), la distruzione delle foreste (24,8% contro 19,1%) e l’inquinamento delle acque (40,3% contro 36,0%). Al contrario, gli ultra 55enni si confermano più preoccupati dei giovani per il dissesto idrogeologico (32,4% contro 22,2% degli under25), l’inquinamento del suolo (22,7% contro 17,7%) e lo smaltimento dei rifiuti (36,8% rispetto a 32,8%).
Inoltre, il report Istat rileva una quota maggiore di donne preoccupate dei vari problemi ambientali, anche tra i giovani. Sotto i 24 anni, ad esempio, le ragazze sono preoccupate più dei loro coetanei per la perdita della biodiversità (+7,8 punti percentuali), per i cambiamenti climatici (+6,0 punti percentuali) e per l’esaurimento delle risorse naturali (+3,4 punti). La quota di cittadini che esprime preoccupazione per lo stato dell’ambiente cresce all’aumentare del titolo di
studio. Nei confronti dei cambiamenti climatici si dichiara preoccupato il 66,4% dei laureati contro il 53,2% tra chi
ha al massimo la licenza media. Analoghe differenze si presentano sia nei riguardi della produzione e dello
smaltimento dei rifiuti (48,5% contro 32,6%), sia rispetto all’inquinamento delle acque (43,6% contro 33,8%).


Si dice «felice e stupito che ci sia qiesta attenzione all’inquinamento da parte dei cittadini» il professor Giorgio Passerini, docente di Fisica Tecnica Ambientale all’Università Politecnica delle Marche. «In Italia abbiamo intorno alle 70mila morti l’anno premature a causa dell’inquinamento dell’aria eppure l’attenzione mediatica è ancora bassa sul tema. Abbiamo spostato nelle città la maggior parte dell’inquinamento dell’aria causato dai trasporti stradali e dal riscaldamento domestico, specie a legna e pellet. Non solo inquiniamo, ma lo facciamo dove viviamo e respiriamo».
Secondo l’esperto, «questa consapevolezza tra i giovani è molto importante perché lascia ben sperare per il futuro». Tra le azioni prioritarie da mettere in campo sul fronte del tema ambientale e del cambiamento climatico, Passerini sottolinea «occorre aumentare la conoscenza delle cause del problema perché ognuno possa dare il proprio contributo per ridurlo».
Oggi «c’è maggiore consapevolezza» sul tema ambientale «perché è aumentata la conoscenza» degli effetti dell’inquinamento e del cambiamento climatico fra le persone, spiega il presidente di Legambiente Marche, Marco Ciarulli. «Questa consapevolezza deve portare a scelte, sia da parte dei singoli che dei decisori politici, che mettano l’ambiente allo stesso livello dello sviluppo economico e del welfare. Tutelare l’ambiente non significa ridurre lo sviluppo economico o il welfare».
E continua: «Dobbiamo compiere passi avanti anche nella conservazione delle risorse naturali: dovremmo arrivare al 2030 con il 30% di aree protette a terra e a mare, nelle Marche però abbiamo circa il 10% di superficie terrestre protetta e lo 0% di aree marine protette, questo ha ricadute economiche e sociali. I giovani sentono più di altre generazioni il tema ambientale e il termine ‘ecoansia’ è stato adottato proprio per questa ragione, perché sentono maggiormente il peso del cambiamento climatico».