ANCONA – Nelle Marche «quasi il 90% delle nuove assunzioni è a tempo». Il dato è stato messo nero su bianco in una nota stampa di Cgil Marche che ha analizzato i dati Inps 2023 dell’Osservatorio sul precariato, elaborati da Ires Cgil. Secondo il sindacato le aziende marchigiane «hanno effettuato 218.374 assunzioni, il 2,1% in meno rispetto al 2022 e il 6,5% in più rispetto al 2021. Rispetto allo scorso anno, i contratti a tempo indeterminato diminuiscono dell’8%».
«Il lavoro precario continua a essere una costante delle Marche – dice Eleonora Fontana, segretaria Cgil Marche -. La Cgil vuole contrastarla e, per questo, in Commissione regionale lavoro, avanzerà proposte e modifiche per dare concretezza al piano per le politiche attive per il lavoro».
Nel confronto 2023-2022 le assunzioni totali nelle Marche diminuiscono di più rispetto al Centro Italia (-0,7%), si legge nella nota stampa, mentre, nell’intero Paese, le nuove assunzioni rimangono pressoché stabili. «Sul totale delle nuove assunzioni – prosegue la nota -, quelle a tempo indeterminato sono una quota molto ridotta (11,4%); la tipologia contrattuale maggiormente presente è il contratto a termine (39,4%), seguita dal contratto in intermittente (18,2%). Il part time incide per il 34,5% dei casi, ma tra le nuove assunte donne il ricorso al tempo parziale rappresenta il 48,6% delle assunzioni».
Secondo il sindacato nelle Marche la quota di contratti a tempo indeterminato sul totale di quelli attivati «è nettamente sotto la media del Paese (16,6%): la regione è quartultima per incidenza di contratti a tempo indeterminato sui nuovi rapporti di lavoro. La regione risulta inoltre essere la prima in Italia per la più alta incidenza dei contratti intermittenti (18,2% contro la media nazionale del 9,3%)».
Per Fontana «le misure di breve durata, messe in campo dalla Regione, come tirocini, borse lavoro e borse di ricerca, con indennità di poco al di sopra della soglia di povertà, determinano, una volta concluse, un inserimento nel mercato del lavoro con contratti precari, non classificabili come lavoro di qualità».