ANCONA – Oggi, nella Giornata della Legalità, si commemorano le vittime di tutte le mafie e in particolare si ricorda la Strage di Capaci in cui morirono il magistrato antimafia Giovanni Falcone, la moglie e magistrato Francesca Morvillo,e i tre agenti della scorta, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
«La morte di Giovanni Falcone» viene ricordata perché il magistrato ha «segnato una svolta nella lotta anti mafia»: è proprio grazie all’impegno di questo magistrato «se oggi il nostro Paese dispone di strumenti efficaci per e all’avanguardia per combattere le mafie». È la riflessione del procuratore generale della Corte d’Appello di Ancona Roberto Rossi in occasione della ricorrenza.
«Tutti conosciamo il nome di Giovanni Falcone» prosegue il procuratore generale, ricordando l’importanza di questa figura di spicco: «Intorno a Falcone si strutturò un nucleo di magistrati specializzati» nel contrasto alla mafia, l’intuizione di Falcone «fu quella di comprendere che la mafia possiede una struttura gerarchica» dotata di un «vertice» che è necessario raggiungere.
Il procuratore generale Roberto Rossi rimarca che proprio grazie al magistrato palermitano si ebbero «i primi maxi processi ai capi di mafia. Fu di Falcone l’intuizione di istituzionalizzare un pool di magistrati specializzati nell’anti-mafia». Un iter che però venne «bloccato dal Csm, per questo Falcone tentò la strada della politica e si recò dal ministro» dell’epoca, ma «l’importanza di creare una struttura» specializzata venne compresa «solo dopo la sua morte».
«Oggi – prosegue Rossi – se abbiamo una Direzione Distrettuale Anti Mafia in tutte le regioni che si coordina con la Direzione Nazionale Anti Mafia lo dobbiamo a Giovanni Falcone, è stato questo il suo lascito, a lui dobbiamo le armi che abbiamo a disposizione per combattere le mafie».
Il monito rivolto ai giovani dal Procuratore Rossi è quello di «non restare indifferenti e conservare la capacità di indignarsi e di ‘scandalizzarsi’ di fronte a fatti gravi. Non bisogna pensare: ‘non sono cose che mi riguardano’ – dice – . Non si vive solo di social, ma si vive anche di impegno civile».
Nel suo intervento all’inaugurazione dell’anno giudiziario (il 27 gennaio del 2024), il procuratore generale aveva evidenziato per il distretto «segnali» di un rischio di infiltrazioni da parte di «organizzazioni di stampo mafioso» sebbene «non vi siano elementi da cui poter ricavare un radicamento» un rischio che aveva definito non «solo teorico o potenziale».
Il magistrato in quell’occasione aveva sottolineato l’attenzione costante riservata dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Ancona verso il rischio di infiltrazioni mafiose nel territorio. Tra i segnali che impongono di tenere alta la guardia aveva ricordato il procedimento per l’omicidio avvenuto nel 2018 a Pesaro dove venne ucciso Marcello Bruzzese, fratello di un collaboratore di giustizia affiliato a una cosca ndranghetista, e il procedimento relativo al traffico di oli esausti che avrebbero finanziato un sodalizio criminale di stampo camorristico. Due procedimenti condotti dalla Direzione distrettuale antimafia di Ancona.