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Istat, nelle Marche nascite in calo e mortalità superiore alla media nazionale. Rischi e soluzioni all’inverno demografico

La popolazione marchigiana è costituita per il 51,2% da donne che superano gli uomini di oltre 34mila unità. Un dato influenzato dalla longevità femminile. L’età media si è innalzata da 47,3 a 47,5 anni rispetto al 2021

Nascita (Foto di Madlen Deutschenbaur da Pixabay)

Cala la popolazione residente nelle Marche, dove si è raggiunto un nuovo record di denatalità. Sono i dati diffusi dall’Istat nell’ultimo censimento ‘Popolazione e abitazioni’. In base ai dati del Censimento al 31 dicembre 2022, ammonta a 1.484.298 la popolazione residente, un dato che è in flessione rispetto al 2021 (0,2%), percentuale superiore a quella media nazionale (-0,1%).

Nessuna provincia registra un incremento della popolazione e solo la provincia di Ancona rimane pressoché invariata (-32 unità). Le diminuzioni maggiori, in termini assoluti e relativi, si registrano nelle province di Macerata (-1.158 e -0,4%) e Ascoli Piceno (-903 e -0,4%). Nelle Marche, come nel resto del Paese, nascono sempre meno figli: nel 2022 sono nati 8.788 bambini (-434 rispetto al 2021) un dato che mostra una riduzione di quasi un terzo rispetto agli oltre 12mila nati di inizio millennio. Il tasso di natalità passa dal 6,2 per mille del 2021 al 5,9 del 2022, aumentando anche la distanza dalla media nazionale (6,7 per mille abitanti).

Il saldo naturale nella regione conferma la dinamica sfavorevole in corso, caratterizzata da un eccesso dei decessi (19.615) sulle nascite (8.788). A livello provinciale il maggior decremento (da 6,6 a 6,1 per mille nel 2022) si riscontra a Macerata, che insieme a Pesaro e Urbino presenta comunque il valore più elevato in regione. In tutte le province si osserva una riduzione del tasso, tranne ad Ascoli Piceno, dove è stabile (5,9 per mille).

Rispetto all’anno precedente il numero dei morti si riduce di 115 unità. Un leggero decremento (-0,6%) che è in controtendenza rispetto al dato nazionale (+2,0%). Il più elevato numero di decessi si è registrato durante i mesi più rigidi, gennaio e dicembre, e nel mese di luglio. In questi tre mesi si sono rilevati 5.659 decessi, quasi il 30% del totale, dovuti soprattutto alle condizioni climatiche avverse che hanno penalizzato individui anziani e/o fragili dal punto di vista delle condizioni di salute.

Con una popolazione mediamente più anziana, la mortalità nelle Marche è superiore alla media nazionale (12,1 morti ogni mille abitanti) e si attesta nel 2022 al 13,2 per mille, come nell’anno precedente: i valori provinciali sono compresi tra il 12,7 per mille di Pesaro e Urbino e il 13,9 per mille di Macerata. Le province di Ancona e Fermo registrano una riduzione del tasso, le altre tre province un aumento.

In tutte le province la dinamica naturale è negativa e il saldo migratorio estero positivo, in particolare Ancona è la provincia con il più basso saldo naturale (-3.329) e il più alto saldo migratorio estero (+2.737); il saldo migratorio interno è invece positivo solo nelle province di Ancona e Pesaro e Urbino (+740 e +760 rispettivamente).

La popolazione marchigiana è costituita per il 51,2% da donne che superano gli uomini di oltre 34mila unità. Un dato influenzato dalla longevità femminile. L’età media si è innalzata da 47,3 a 47,5 anni rispetto al 2021. La provincia di Pesaro e Urbino è quella che registra la popolazione più giovane, qui l’età media è di 47,1 anni, mentre le province di Ascoli Piceno e Fermo sono quelle con l’età media più alta, rispettivamente 48,0 e 47,8 anni. I comuni di montagna e collina interna sono quelli che subiscono il maggior decremento di popolazione e presentano l’età più avanzata.

Quasi un terzo della popolazione, il 29%, vive nei comuni con popolazione tra 20mila e 50mila abitanti e il 17,1% nei tre comuni con popolazione tra 50.001 e 100.000 abitanti, ovvero Ancona, Pesaro e Fano. Gli stranieri rappresentano l’8,7% della popolazione regionale, quelli censiti sono 129.067 (+2.247 rispetto al 2021): provengono da 161 Paesi, soprattutto da Romania (18,1%), Albania (10,9%), Marocco (7,2%) e Cina (6,7%). Il bilancio demografico evidenzia una crescita complessiva della popolazione straniera residente in regione rispetto al 2021 di 2.247 unità, corrispondente ad un tasso di incremento positivo dell’1,8%.

Guardando ai dati relativi alla migrazione interna, l’Istat evidenzia un saldo positivo di oltre mille persone, ma ai saldi positivi delle province di Ancona e Pesaro e Urbino si contrappongono quelli negativi delle altre tre province. I movimenti tra comuni rimangono comunque ridotti e il tasso migratorio interno passa da 0,8 del 2021 a 0,9 per mille nel 2022; si osserva una leggera flessione nelle province di Ascoli Piceno (da 0,0 a -0,4 per mille) e Macerata (da -0,1 a -0,4 per mille), un lieve aumento in quelle di Pesaro e Urbino (da 1,9 a 2,2), Ancona (da 1,4 a 1,6) e Fermo (da -0,4 a -0,1).

Segnali positivi per i movimenti migratori internazionali. La differenza tra entrate e uscite con l’estero restituisce un saldo migratorio netto positivo in tutte le province, pari a poco più di 7mila unità a livello regionale. La provincia di Ancona, con un saldo positivo di oltre 2.500 unità, conferma la propria vocazione di area più attrattiva della regione. Il tasso migratorio con l’estero (4,8 per mille) si mantiene sopra la media nazionale (4,4): in crescita in tutte le province rispetto al 2021, oscilla tra il 4,0 per mille di Ascoli Piceno e il 5,9 per mille di Ancona.

L’inverno demografico porta con sé dei rischi. Secondo il professor Francesco Orazi, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro dell’Università Politecnica delle Marche, «il trasso di fecondità è sotto il livello del tasso di rimpiazzo sul mercato di lavoro» e il gap rispetto al valore adeguato è pari a «0.8, sembra poco, ma è una distanza ‘siderale’ – spiega – Servono soldi, lungimiranza e togliersi le lenti ideologiche dagli occhi. Basta indugiare, lo si è fatto per decenni è tempo di adottare politiche di sostegno alla maternità e alla natalità che in Italia non ci sono più da tanti anni».

Per il docente la desertificazione demografica «è un problema di primaria rilevanza: con l’attuale dinamica rischiamo tra il 2050 e il 2060 di avere il 70% dell’attuale forza lavoro attiva in Italia (persone tra 15 e 65 anni di età), rischiamo di non avere più gente al lavoro, un problema irreversibile senza politiche di sostegno».

Nel 2011 proprio il professor Orazi aveva condotto uno studio che aveva mostrato l’impatto del declino demografico, una dinamica che nel tempo è andata peggiorando, non solo in termini di denatalità, ma anche di spopolamento dell’entroterra, accentuato anche dal sisma del 2026. Il docente evidenzia che il modello dominante di famiglia è quello monoparentale: «Il 33,6% delle famiglie è costituito da single», un dato emblematico del quadro predominante. 

Il segretario regionale della Cisl Marco Ferracuti si dice «prepoccupatissimo di questa ‘glaciazione’ demografica, che secondo le previsioni dei demografi si accentuterà ulteriormente nel corso dei prossimi anni: nel 2050 si prevedono -155.000 persone nelle Marche di cui 110.000 sotto i 35 anni. Saremo molti meno e più vecchi, come se scomparissero due città come Ancona e Jesi ma di ragazzi e ragazze sotto i 35 anni».

Per invertire la tendenza secondo il sindacalista occorre lavorare su due fronti, ovvero, «favorire la natalità, creando lavoro buono e agevolando la conciliazione tra famiglia e lavoro, sia per gli uomini che per le donne» in questo senso le soluzioni possibili sono quelle che fanno leva sulla flessibilità dell’orario di lavoro e sul prolungamento degli orari di attività dei servizi all’infanzia il cui costo a carico delle famiglie deve essere ridotto. Poi l’altro fronte di impegno secondo Ferracuti dovrebbe essere quello che valorizza l’apporto dei lavoratori immigrati «fondamentali per la tenuta del sistema manifatturiero e di quello previdenziale».

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