Crescono le unioni civili e le seconde nozze, mentre calano matrimoni e divorzi. Emerge dall’ultimo report Istat “Matrimoni, unioni civili, separazioni e divorzi – Anno 2023”. Nel 2023 sono stati celebrati in Italia 184.207 matrimoni, il 2,6% in meno rispetto al 2022.
In calo anche le unioni religiose (-8,2%). Tra le nozze celebrate 29.732 hanno avuto uno sposo straniero (il 16,1% del totale dei matrimoni), stabili rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 i dati provvisori indicano una nuova diminuzione dei matrimoni (-6,7%) rispetto allo stesso periodo del 2023.
Il numero di separazioni è stato pari a 82.392 (-8,4%), in calo anche i divorzi (79.875, -3,3%). Le unioni tra partner dello stesso sesso (3.019) sono in crescita (+7,3%), il 56,1% sono costituite da uomini.
Le seconde (o successive) nozze per almeno uno degli sposi sono state 44.320, il valore più alto mai registrato: il 15,8% degli sposi e il 14,8% delle spose ha alle spalle un divorzio, ma tali percentuali mostrano un andamento crescente di pari passo all’aumentare dell’età dei nubendi; il 52,2% degli sposi e il 52,8% delle spose dai 50 anni in poi ha sciolto il proprio vincolo coniugale tramite il divorzio. Solo l’1,5% degli sposi e lo 0,9% delle spose prima del matrimonio era vedovo; le percentuali salgono, rispettivamente, al 6,3% e al 4,6% se si considerano sposi e spose dai 50 anni in poi.
Aumentano i matrimoni misti con nuovi cittadini. Tra i matrimoni misti, il 14,6% coinvolge uno sposo italiano per acquisizione, nel 2018 questa quota era esattamente la metà. Tra i matrimoni di entrambi sposi italiani, quelli in cui almeno uno dei due è italiano per acquisizione sono il 4,5% quota più che raddoppiata rispetto al 2018.
Considerando il complesso dei matrimoni con almeno uno straniero o un italiano per acquisizione (escludendo le coppie di entrambi italiani dalla nascita) quasi due matrimoni su 10 sono formati da coppie con entrambi italiani di cui almeno uno per acquisizione e quasi uno su 10 da coppie miste con italiani per acquisizione.
Ci si sposa più tardi anche a causa delle difficoltà nell’ingresso nel mondo del lavoro e della condizione di precarietà del lavoro stesso. La quota di giovani che resta nella famiglia di origine fino alla soglia dei 35 anni è pari al 61,2%, quasi tre punti percentuali in più in circa 20 anni. Questa protratta permanenza comporta un effetto diretto sul rinvio delle prime nozze. Tale effetto si amplifica nei periodi di congiuntura economica sfavorevole spingendo i giovani a ritardare ulteriormente, rispetto alle generazioni precedenti, le tappe dei percorsi verso la vita adulta, tra cui quella della formazione di una famiglia.
Sul posticipo del primo matrimonio, inoltre, incide anche la diffusione delle convivenze prematrimoniali e la tendenza al rinvio porta l’età media alle prime nozze a 34,7 anni per gli uomini (+0,1 punti rispetto all’anno precedente) e a 32,7 anni per le donne (+0,2).
«L’aumento della permanenza degli ultratrentenni e quarantenni all’interno dei nuclei familiari si riscontra ormai da almeno quattro decenni – dice il professor Francesco Orazi, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Politecnica delle Marche -; su questo fenomeno incidono molteplici fattori, sia culturali che economici».
Il docente evidenzia: «negli anni ’80 gli under 35 guadagnavano circa il 75% del reddito medio, invece oggi c’è una riduzione piuttosto marcata del loro reddito, sia a causa delle difficoltà occupazionali che della precarizzazione del lavoro», elementi che impattano in maniera forte nelle scelte di vita, come ad esempio quella di uscire dal nucleo familiare.
L’altro aspetto evidenziato rigurarda i mutamenti culturali «piuttosto profondi avvenuti negli ultimi decenni, con la liberazione sessuale, le trasformazioni legislative, il divorzio». Anche il maggior livello di istruzione incide, favorendo le convivenze e portando a «dilazionare il matrimomio. C’è stata una trasformazione valoriale: paradossalmente oggi si sta insieme molto di più per amore rispetto a un tempo» conclude.
Nelle Marche sono stati 1,2 i divorzi per 1.000 abitanti: 456 i divorzi giudiziali, 800 quelli consensuali in Tribunale, 80 i consensuali con negoziazione degli avvocati, 518 i consensuali presso lo Stato Civile. Le unioni civili sono state 3,2 per 1.000 abitanti.