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Mucillagini nell’Adriatico, il prof Danovaro: «Fenomeno più frequente in seguito al cambiamento climatico»

In uno studio l'esperto e divulgatore scientifico dell'Univpm ha analizzato, insieme ad altri ricercatori, la relazione tra clima e frequenza delle fioriture. «Producono irritazioni a contatto con la pelle»

Sono una coltre di “muco” rilasciato dalle alghe che galleggia in mare, ricopre le rocce che incontra lungo il suo cammino e si adagia di notte sui fondali. Stiamo parlando delle mucillagini che preoccupano il mondo della pesca e gli operatori turistici che temono una stagione al palo.  «Se volessimo usare un termine noto per la salute umana, corrispondono a un forte “raffreddore” del mare, un fenomeno anomalo, non nuovo, che indica sicuramente una condizione non buona dell’ecosistema marino» spiega Roberto Danovaro, professore di Ecologia dell’Università Politecnica delle Marche con all’attivo numerose ricerche scientifiche e pubblicazioni proprio sul tema.

Tra gli studi condotti dall’esperto e divulgatore scientifico, quelli per comprenderne la genesi e gli effetti. «Sappiamo che le mucillaggini sono un problema della costa Adriatica e Tirrenica» spiega, anche se più recentemente hanno fatto la loro comparsa anche in zone dove non erano mai state segnalate, come ad esempio la costa della Turchia, tra Bosforo e Dardanelli, dove sono presenti «condizioni simili a quelle del Mare Adriatico: ricevono acque dolci e sono un bacino semi chiuso».

Le mucillagini «non sono prevedibili, si formano a seguito di “una tempesta perfetta” che dipende dalla simultanea sovrapposizione di una serie di fattori: una primavera calda ed estremamente stagnante, senza mareggiate, una presenza forte di nutrienti legata alle piogge e la concomitante presenza di questi fattori nella fase di crescita delle alghe».
Inizialmente la cosiddetta «neve marina si forma dando vita a piccoli fiocchi, piccoli aggregati che si possono vedere anche a largo», spiega Danovaro. Solitamente possono apparire a inizio giugno, mentre quest’anno «sono apparse ad inizio maggio, una comparsa abbastanza precoce». I fiocchi si aggregano e intrappolano altre alghe: navigano in sospensione sul pelo dell’acqua di giorno e di notte scendono sul fondale.

Un fenomeno che sta preoccupando, sia per l’impatto estetico che scoraggia i bagnanti e quindi può creare serie conseguenze dal punto di vista turistico, sia perché crea danni al mondo della pesca e soffoca gli organismi che vivono su fondali e rocce, come cozze e vongole.
«Sappiamo da tempo che producono irritazioni a contatto con la pelle – prosegue -, per questo è meglio non immergersi in mezzo alla mucillagine e non lasciarla sulla pelle: contiene infatti molti batteri patogeni».
L’esperto spiega che ad avere un ruolo nella genesi di questa sostanza gelatinosa sono gli eventi anomali. «Quando si manifestano causano spesso morie massive di organismi – prosegue -, soffocano cozze e vongole con fenomeni ampi di morie massive nelle comunità presenti sul fondo e tra gli organismi che vivono sulle rocce».

Prof. Roberto Danovaro (foto: Univpm)

In uno studio scientifico pubblicato su Plos e condotto da Roberto Danovaro, insieme a Serena Fonda Umani e Antonio Pusceddu del Dipartimento di Scienze e Vita dell’Università di Trieste, dal titolo Climate Change and the Potential Spreading of Marine Mucilage and Microbial Pathogens in the Mediterranean Sea, i ricercatori hanno studiato la relazione tra cambiamenti climatici e frequenza delle mucillagini nel Mar Mediterraneo negli ultimi 200 anni, scoprendo che il numero dei focolai di mucillagini è aumentato in modo quasi esponenziale negli ultimi 20 anni.

Secondo lo studio, infatti, la crescente frequenza di epidemie di mucillagini è strettamente associata alle anomalie della temperatura della superficie del mare e la mucillagine può agire come fattore di controllo della diversità microbica in ampie regioni oceaniche e potrebbe potenzialmente agire come vettore di specifici microrganismi, aumentando così la diffusione di batteri patogeni.

Cosa fare? Occorre aspettare che arrivino le mareggiate e che spiri il vento da terra verso il largo: «Se le acque si rimescolano bene – dice – e la circolazione acque fosse intensa per un tempo sufficiente potrebbero non tornare».
Pensa che la presenza di un’area marina protetta possa aiutare? «Come ricercatore sono convinto che l’area marina protetta sia fondamentale per salvare la biodiversità e aumentare la qualità dell’ambiente, ma non avrebbe alcuna influenza sulle mucillagini, anche se aumenterebbe la capacità di resistenza e di recupero delle specie marine e consentirebbe un più rapido recupero della balneabilità delle acque».

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