ANCONA – Un docufilm sulla vita carceraria e sulla possibilità di recupero e reinserimento dei detenuti attraverso i corsi di formazione: si chiama Techne, l’arte del saper fare, un cortometraggio che ha lo scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica, presentato oggi in sala consiglio a Palazzo, documento video girato in diverse case circondariali della zona con fondi della Regione Marche.
Il docufilm riporta le esperienze formative dei detenuti e le loro condizioni, le loro aspettative, le loro considerazioni sulla loro vita. Un videoracconto che mira a promuovere, come spiegano gli organizzatori, «una modifica delle condizioni e degli atteggiamenti personali, nonché delle relazioni familiari e sociali, di ostacolo ad una costruttiva partecipazione sociale».
Corsi per imbianchini, manutentori di aree verdi, addestratori di cani, operatori di canili, operatori di piercing e tatuaggi, interventi di mediazione linguistica e culturale e altro ancora hanno tenuto impegnate persone che stanno scontando la pena. Un percorso di formazione, recupero e possibile reinserimento sociale. ll docufilm è stato realizzato da Scolastica srl, centro di formazione culturale e professionale accreditato dalla Regione Marche, coordinato dalla direttrice Giovanna Giacchetti. Alla presentazione in Comune hanno partecipato l’assessore comunale Manuela Caucci, l’assessore regionale Goffredo Brandoni e la direttrice di Scolastica, Giovanna Giacchetti.
«Sono stato per tanti anni sindaco di Falconara e vicepresidente Anci Marche – racconta Goffredo Brandoni – e all’epoca era uscita la disposizione che prevedeva che i Comuni potessero utilizzare detenuti per servizi socialmente utili. Con delega di Mangialardi illustrai la cosa a tutti i sindaci, spiegai che chi voleva poteva fare domanda al ministero, affrontammo anche diversi problemi, era un progetto innovativo, non era facile. Ma andò molto bene, e ricordo che una volta un detenuto, alla fine del percorso che durava sei mesi, mi parlo, si mise a piangere, mi disse che non sapevo che cosa gli avevo dato con quel lavoro socialmente utile, mi chiese di riconfermarlo per i mesi successivi. Solo che non dipendeva da me ma dal direttore del carcere. Questa cosa mi ha lasciato un segno. Sono azioni che ognuno di noi può fare, con duplice effetto di ritorno: per il detenuto e per la città».
«È una progettualità che portiamo avanti grazie a fondi regionali, circa 500mila euro all’anno distribuiti in tutta la regione – spiega Manuela Caucci –. Si tratta di una progettualità importante, mi ritornano in mente gli studi di diritto penitenziario, quando studiavamo proprio la funzione rieducativa della pena. Importante far comprendere l’errore fatto e dare prospettive per l’effettivo reinserimento nel tessuto sociale. Importante che i detenuti, attraverso questi corsi, possano acquisire delle professionalità, per poter trovare un lavoro, una volta usciti. Ben venga questa progettualità per il 2024, ripeteremo queste esperienze, in collaborazione con Confartigianato, riproporremo il corso di educatore cinofilo, poi per imbianchino, cartongessista, interventi di mediazione linguistica e culturale, visto che una parte della popolazione carceraria è formata da stranieri. Ci sarà un corso per stampa 3D, un corso di idraulica, e uno per operare nella ristorazione, uno dei settori che ha più bisogno di personale».
«Abbiamo potuto fare formazione all’interno dei penitenziari e toccare con mano la ricchezza che c’è – è la testimonianza di Giovanna Giacchetti, pedagogista, psicologa e direttrice di Scolastica –. L’importanza che può portare il formatore non era mai stata percepita, i formatori fanno la differenza, questo permette ai detenuti di conoscere se stessi, di capire che il loro io è uguale a quello degli altri. Li abbiamo visti condividere e parlare insieme su diversi temi. Quando gli alunni si salutano, a fine corso, scendono le lacrime. Perché per loro non esiste più il domani. Chi esce a volte fa fatica a sopravvivere, non ha rete sociale, non ha familiari che gli permettono di sopravvivere. Come è possibile avere delle carceri aperte? Questo proviamo a dirlo con il docufilm».