Torna lo spauracchio nucleare dopo l’ultimo discorso alla nazione del presidente russo Putin. Lo zar, stando a quanto riportato dai media, avrebbe parlato di «conseguenze tragiche se l’Occidente invia truppe in Ucraina». Minacce reali o proclami? Per il preside della Facoltà di Economia dell’Università Politecnica delle Marche, professor Stefano Staffolani, si tratta di «minacce che vanno prese con un certo distacco».
«Quando ci fu l’invasione dell’Ucraina non venne annunciata – ricorda -, solitamente prima degli attacchi non si fanno proclami». Poco credibile quindi, secondo l’economista, che lo spauracchio di un attacco nucleare si concretizzi veramente.
A preoccupare è anche la richiesta di aiuto rivolta alla Russia dalla Transnistria, l’entità separatista filorussa presente sul territorio della Moldavia. Sul rischio di una possibile escalation del conflitto, Staffolani spiega che «tutto dipende da come l’Europa può reagire all’invasione di un Paese comunitario».
Sui possibili scenari economici ricorda che «l’Italia e l’Europa, si sono rese autonome dalla Russia, proprio dopo l’esplosione del conflitto in Ucraina». «Difficile che la Russia possa entrare tra le quattro potenze economiche mondiali – dice -, da quello che sappiamo la sua economia non è florida in questo momento, mentre altri Paesi stanno crescendo, come ad esempio la Cina, l’India, il Sud Est Asiatico».
Secondo il professor Marco Severini, docente di Storia dell’Italia contemporanea presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Macerata, «per comprendere le ultime minacce formulate da Putin all’Occidente può servire leggere con attenzione e cercare di interpretare quanto ha dichiarato nel corso del 19° messaggio all’Assemblea federale, cioè ai deputati e senatori dei due rami del Parlamento, evento annuale saltato solo in due circostanze, nel 2017 (per motivi di salute non meglio specificati) e nel 2022 (per l’invasione dell’Ucraina da poco avviata). Va fatta, però, una doverosa contestualizzazione: il discorso è stato tenuto a quindici giorni dalle elezioni presidenziali e, come ha evidenziato il suo portavoce Peskov, sarà l’unico di carattere elettorale del leader russo; quindi, un discorso fatto ai russi più che all’Occidente».
«Quanto alla sostanza, c’è stato un meticoloso sfoggio di armamenti, la solita iperbole nazionalistica circa il ruolo e il futuro della Russia – prosegue Severini -, la già sentita sottolineatura sulle responsabilità dell’Occidente nei conflitti in corso (Ucraina, Medio Oriente e altre zone del mondo) e l’altrettanto già ascoltata enfasi sull’appoggio della popolazione russa al conflitto che infiamma da due anni l’est dell’Europa. Di vero c’è quest’ultimo appoggio – il patriottismo russo è cosa molto diversa rispetto a quello occidentale – e in parte il rafforzamento dell’arsenale russo, già notato alla fine del 2023. Va però ricordato che la Russia stessa è immischiata, a vario titolo, in non pochi conflitti planetari cosicché imputare responsabilità a terzi sul tema ha un fine meramente politico-propagandistico. Così come il resto è poco più che propaganda ad usum delphini».
Per il docente di Storia Contemporanea, sul tema della Transnistria, «effettivamente Putin è interessato ad aprire un altro fronte bellico, ma ha scarse possibilità di intervenire in quest’area dei Balcani. Il rischio di una escalation appare al momento più sulla carta e lo stesso parallelo con un “secondo Donbass” è tutto da verificare. Questi interventi del premier russo denotano la difficoltà sempre più marcata negli scenari internazionali rispetto ai reiterati tentativi di costruire un fronte anti-occidentale. Certo, sul piano interno, avranno una certa efficacia così – dice – come, a livello mediatico, sono tornati ad agitare paure mai veramente sopite. Negli Stati Uniti si sono già mobilitati nel delineare gli scenari possibili di questa crisi, ma l’annessione della regione filo-russa risulta al momento l’opzione meno probabile. Come ho già avuto modo di affermare – conclude -, lo spettro, anche solo evocato, di un nuovo conflitto fa compiere un salto indietro di diversi decenni alla storia già travagliata della civiltà umana».