ANCONA – La siccità nelle Marche crea «problemi anche all’agricoltura, la situazione è grave, ma non è ancora tutto perduto». Lo spiega il professor Davide Neri, direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche. L’esperto spiega che mentre «alcune colture», come ad esempio l’olivo, «riescono ad utilizzare le riserve idriche accumulate nel terreno, altre invece necessitano dell’irrigazione come il mais e le colture orticole».
Il docente, evidenziando la carenza di piogge che abbraccia diversi mesi, fa notare che anche le ultime piogge che hanno colpito a macchia di leopardo il territorio marchigiano non sono sufficienti a fronteggiare la crisi idrica: «In alcune zone – spiega – sono scesi 50 millimetri di acqua, come ad Agugliano dove abbiamo i campi sperimentali, in altre non è piovuto per niente». A rischio anche le colture da frutto e quelle che si seminano adesso per l’autunno e l’inverno come il radicchio rosso.
Secondo l’esperto sarebbe meglio rimandare alcune semine «ad altri momenti in cui siamo sicuri di poter irrigare». Il rischio maggiore per l’agricoltura è in caso di «sospensione dell’uso dell’acqua irrigua – spiega – per cui sarebbe impossibile fare una programmazione». Se la carenza di acqua dovesse proseguire, a rischio c’è anche l’olivo il cui frutto prima raggrinzisce e poi annerisce, cadendo. Nessun problema invece per il grano che ha avuto un’ottima stagione sia dal punto di vista della qualità che della quantità.
Per gli imprenditori agricoli la siccità produce «un grave danno economico, per questo bisogna pensare a soluzioni per fronteggiare la crisi idrica, sia potenziando l’approvvigionamento di acqua, sia con tecniche conservative della risorsa idrica. La scelta delle specie da coltivare è già una prima forma di conservazione, poi bisogna introdurre l’irrigazione 4.0. Abbiamo sia la tecnologia che la ricerca», conclude.