Ancona-Osimo

Nelle Marche età media e speranza di vita sopra la media nazionale. Nascite -6,3%. Il sociologo: «La struttura famigliare muta»

Le Marche sono la regione del Centro Italia dove si vive più a lungo. Il professor Orazi di Univpm: «La famiglia sta perdendo il suo potere di agenzia di aggregazione e socializzazione»

Da Pixabay, di pasja1000

Sempre più culle vuote nelle Marche: nel 2024 le nascite sono in calo del -6,3% rispetto al 2023. A certificarlo è l’Istat con gli ‘Indicatori demografici – Anno 2024’. La popolazione residente al 1° gennaio 2025 nella regione raggiunge quota 1.481,3 persone di cui 1.344,7 italiani e 1.36,5 stranieri, in calo rispetto al 2023 (-1%). L’età media si attesta a 47,9 anni, un dato che risulta superiore alla media nazionale (46,8) e alla media del Centro (47,5).

La classe d’età più numerosa è quella che va da 14 a 64 anni (62,2), seguita dagli over 65 (26,6). La meno numerosa è la fascia compresa tra 0-14 anni (11,3). Cresce la speranza di vita: per gli uomini si attesta a 82,2 anni e a 86,2 anni per le donne. Anche in questo caso il dato Marche è superiore alla media nazionale: 81,4 per gli uomini e 85,5 per le donne. Nel Centro la speranza di vita alla nascita è 81,8 anni per gli uomini e 85,7 anni per le donne, con un incremento di quasi quattro mesi rispetto al 2023 per entrambi i sessi. In questa ripartizione geografica le Marche sono la regione dove si vive più a lungo.

Con 1,11 figli per donna nelle Marche la fecondità è ai minimi storici (1,17 nel 2023 e 1,16 nel 2022): la regione risulta, infatti, tra quelle con la fecondità più bassa in Italia (media nazionale 1,18 figli per donna), dietro la Sardegna che è fanalino di coda (0,91 figli per donna), Molise, Valle d’Aosta e Basilicata, a parimerito con l’Umbria. L’età media delle donne al momento del parto è di 32,7 anni, superiore alla media nazionale che si ferma a 32,6 anni. Nel 2024 nelle Marche sono nati 8.200 bambini. I decessi risultano in calo (-1,4% sul 2023) il tasso di mortalità è dell’11,8 per mille abitanti. Guardando al tasso migratorio nelle Marche ammonta a 5,2 per mille abitanti.

Nel Paese oltre un terzo delle famiglie è formato da una sola persona, il 36,2%, una quota in crescita rispetto a 20 anni fa (25,5%), mentre i nuclei da almeno una relazione di coppia o di tipo genitore-figlio sono il 61,3%. Queste famiglie sono principalmente costituite da coppie con figli (29,2%), che per molti anni sono state non solo il modello prevalente di famiglia ma anche quello interessato dalla diminuzione più consistente. Le coppie senza figli, stabili nel tempo, rappresentano invece un quinto del totale (poco più del 20%). Una famiglia su 10, in leggero aumento nel corso degli anni, è di tipo monogenitore. Si tratta principalmente di madri sole (8,7%), quelle di padri soli con figli si fermano al 2,1%.

«L’impatto di questi cambiamenti demografici è rilevantissimo, sia dal punto di vista della struttura della popolazione, sia dal punto di vista del mercato del lavoro e dell’economia nel suo complesso – spiega il professor Francesco Orazi, docente di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Univpm -. L’Italia è il Paese più invecchiato d’Europa e con il tasso di fecondità più basso, questo ha ripercussioni notevoli anche in prospettiva perché oltre a perdere una quota rilevante di popolazione, perderemo anche una quota rilevante di persone attive nel mercato del lavoro».

Un quadro di «profondo declino che non è stato mai affrontato in maniera coerente, non esiste e non è mai esistita una politica per la natalità, mentre in altri Paesi europei (come Francia e Inghilterra), già 25-30 anni fa hanno promosso politiche per favorire la maternità che sostengono la condizione di madre e non di moglie all’interno di un nucleo familiare».

Oggi la famiglia intesa nel senso più tradizionale del termine, ovvero coppia di coniugi e figli, «è una quota minoritaria della modalità in cui si sono riarticolate le famiglie: se un tempo potevamo parlare di famiglia, oggi questa istituzione è diventata plurale».

L’esperto evidenzia «l’esplosione di nuclei monoparentali, costituiti non solo da giovani single, ma ma anche da tanti anziani soli che necessitano di assistenza. La famiglia sta perdendo il suo ‘potere’ di agenzia di aggregazione e socializzazione. La struttura familiare è mutata non solo per ragioni demografiche, ma anche culturali e politiche».

Tra gli impatti più rilevanti dell’invecchiamento della popolazione Orazi indica quello sulle pensioni: «Più la popolazione invecchia e più si riduce la quota di persone di età da lavoro e questo mette in crisi il sistema pensionistico».

Il boom delle emigrazioni per l’estero (+20,5% sul 2023), con un +36,5% di italiani che espatriano, che implicazioni avrà? «Anche questa dinamica ci accompagna da oltre un decennio e mezzo – prosegue – una questione considerata come un problema secondario, ma che invece è sempre più strutturale: il nostro mercato del lavoro premia sempre meno i giovani istruiti che scelgono di andare a lavorare all’estero perché trovano più facilmente occupazione e più remunerata.

La politica italiana deve riflettere sul fatto che il sistema universitario garantisce una formazione di qualità che il mercato del lavoro non riesce a recepire. Inoltre non si può limitare la politica immigratoria, come sta facendo questo governo, perché l’Italia, in profondo declino demografico, dovrebbe invece favorire politiche inclusive e di apertura, e accettare che non è solo un Paese di italiani, ma anche di coloro che non hanno ancora la cittadinanza ma sostengono il mercato produttivo».