La percezione di vecchiaia si sposta sempre più avanti. A certificarlo è uno studio condotto dai ricercatori delle Università di Berlino, del Lussemburgo e della Stanford University degli Stati Uniti diretti da Wettstein Markus pubblicato su Psychology and Aging. Al centro dello studio l’ageismo, la percezione negativa dell’invecchiamento, che in alcuni casi si accompagna a sentimenti negativi come depressioni e ansie. Secondo lo studio l’età di esordio della vecchiaia percepita aumenta di circa un anno per ogni 4-5 di invecchiamento effettivo: all’età di 64 anni, l’inizio medio percepito della vecchiaia si attesta a circa 75 anni.
La ricerca evidenzia fra le cause di questo spostamento in avanti dell’idea di vecchiaia in diversi fattori, fra i quali l’aumento storico dell’aspettativa di vita e dell’età pensionabile, insieme al migliore funzionamento psicosociale in età avanzata. Inoltre i risultati dello studio suggeriscono che esiste una tendenza storica non lineare verso un inizio più tardivo della vecchiaia, che potrebbe avere implicazioni significative per le prospettive degli individui sull’invecchiamento e sulla vecchiaia.
Abbiamo sentito sulla questione la dottoressa Giorgia Cannizzaro, psicologia e psicoterapeuta, docente dell’Univpm. «La percezione di vecchiaia che si dilata sempre di più nel tempo – spiega – è legata all’avanzamento della comunità scientifica nel campo della ricerca, ma anche ai progressi compiuti dalla medicina estetica, che contribuisce a fornire alle persone degli strumenti per migliorare l’aspetto fisico con un conseguente rallentamento della senilità nell’aspetto esteriore».
La psicoterapeuta evidenzia però che questa tendenza sta provocando «un fenomeno che noi psicoterapeuti stiamo osservando nei nostri studi: il venire meno, in alcuni casi, della saggezza tipica legata all’età avanzata, come se la gioventù esteriore dovesse coincidere con una gioventù interiore, ma anche se il fisico ha un altro aspetto e la vita è più lunga, non bisogna dimenticare che le giovani generazioni hanno bisogno di punti di riferimento negli adulti e negli anziani. Spesso sentiamo dire dai ragazzi: ‘Cosa pretende di insegnarmi se si comporta peggio di me?’».
Un nuovo atteggiamento quello dei cosiddetti “boomer” che causa uno spaesamento nei giovani. Non solo, la dottoressa Cannizzaro evidenzia anche come «questo miglioramento della qualità di vita degli anziani di oggi, generi «anche una maggior difficoltà ad accettare eventi fisiologici per l’essere umano, come la malattia e la morte. Eventi -. prosegue – che non vengono più accettati e che nei 70enni generano stupore, come se la malattia avvenisse in una persona giovane, da questo nascono forti depressioni».