Ancona-Osimo

Bambini e adolescenti in difficoltà, l’allarme dei pediatri. Parla l’assessore Giorgia Latini

L'assessore regionale all'istruzione e alle politiche giovanili commenta il decorso dell'emergenza e delle misure governative e regionali indirizzate ai più giovani, tra limiti e speranza

Giorgia Latini

L’impatto del Covid sulla salute psicofisica di bambini e adolescenti emerge soprattutto nelle conseguenze legate alla perdita di una routine quotidiana, come la scuola e le attività fisica. È quanto emerso dall’analisi del prof. Carlo Catassi, docente di Pediatria all’Università delle Marche, con cui abbiamo trattato nei giorni corsi l’argomento dal punto di vista accademico e sanitario. Ma quali sono le criticità rilevate e quali i provvedimenti da mettere in atto a livello istituzionale?

Lo abbiamo chiesto a Giorgia Latini, assessore regionale all’istruzione e delle politiche giovanili, alla quale abbiamo fatto diverse domande a seguito l’allarme sollevato dall’ACP (Associazione culturale pediatri) e l’attivazione dello sportello “Supporto alle famiglie”, il progetto d’intervento a distanza della Regione Marche già sperimentato nell’aprile scorso e attivato con la collaborazione di Save The Children.

Traumi cranici da abuso decuplicati, violenza, nuove povertà, isolamento, carenze scolastiche, diagnosi mancate. Sono anche queste le conseguenze sui bambini della pandemia da Covid-19 e della chiusura, durante il lockdown, delle scuole e dei servizi sanitari e di assistenza sociale. Qual è la situazione nelle Marche?
«Il problema purtroppo è ovunque, non a caso è stato ampiamente denunciato durante questi mesi da psicologi e psichiatri con diversi comunicati stampa. Il lockdown ha creato una destabilizzazione psicologica nella maggior parte delle persone. La natura umana è intrinsecamente relazionale e il cervello si sviluppa soprattutto grazie a queste relazioni. È mancata in questi mesi da parte del governo una comunicazione valida ed efficace poiché si è solo diffuse incertezza e paura. Paura che non fa altro che renderci più deboli e vulnerabili a partire dai bambini e anziani che sono le fasce più esposte al rischio».

Secondo lei, in questi mesi dal primo lockdown è stato fatto abbastanza per garantire la didattica in presenza per tutti gli ordini scolastici?
«A livello statale, sono stati stanziati diversi miliardi, ma non si è mai trattato di un intervento strutturale teso a rendere capillare su tutto il territorio nazionale la connettività e l’utilizzo diffuso di dispositivi. Non dobbiamo dimenticare che ci sono famiglie che non hanno accesso ad Internet né possiedono device così come ci sono famiglie che hanno a disposizione un solo dispositivo da utilizzare sia per il lavoro dei genitori che per lo studio di uno o più figli. Inoltre si sarebbe dovuto puntare su una formazione ad hoc per il personale docente, calibrata alle reali necessità ed utilizzi delle tecnologie nella didattica per fasce di età».

Quali sono i provvedimenti da mettere in campo?
«Come Regione Marche ci siamo fin da subito attivati per ovviare a questi problemi. Infatti stiamo vagliando aiuti economici per l’acquisto di strumentazione tecnologica e per gli affitti agli studenti universitari. Vogliamo scongiurare il più possibile il formarsi di occasioni di contagio, il che comporta alcune difficoltà per gli studenti e le famiglie. Stiamo lavorando per ottimizzare delle soluzioni che vadano a sostenere l’acquisto e la messa a disposizione di strumentazione informatica e l’erogazione di contributi per gli affitti per gli studenti universitari».

Il governatore Acquaroli ha scelto la DAD al 100% delle scuole secondarie di secondo grado, quali previsioni sull’andamento didattico e quali sulle conseguenze psicologiche?
«La didattica a distanza è una situazione contingente all’emergenza, limitata nel tempo, che sta permettendo di continuare in qualche modo a far scuola. È bene analizzare, però, anche le conseguenze negative della DAD e di questo siamo consapevoli. È stato poi confermato da diversi studi che l’uso indiscriminato e continuativo dei dispositivi potrebbe causare l’isolamento e il congelamento delle relazioni sociali a favore dei rapporti virtuali. L’interazione con uno schermo non può e non deve sostituirsi alle relazioni sociali, sebbene in questo momento di “distanziamento sociale” permette di non disperderle. La scuola è vita, socialità, relazione, risoluzione di conflitti, interazione, crescita. Pertanto, è necessario tornare presto alle aule, in classe, appena la situazione scolastica lo permetterà e pensare anche a formule alternative».

La lontananza da scuola in quale misura sottopone i bambini alle difficoltà psicologiche e allo stress degli adulti?
«In riferimento ai bambini, la cui formazione è ancora in fieri, in divenire, è importante essere consapevoli che il lockdown ha generato e genera una lacerazione interna in quanto “sospende” le relazioni amicali, quelle vere, in presenza, le interazioni, gli scambi, la cooperazione, crea un clima di distacco e di paura che potrebbe anche determinare nei bambini, nei futuri cittadini del domani, delle paure nei confronti di vari aspetti della vita. A tutto ciò bisogna aggiungere che anche in famiglia la situazione a volte non è serena. A partire dal fatto che anche i genitori possono lavorare da casa in smart working e che devono seguire contemporaneamente i figli, oppure genitori in cassa integrazione o riduzione dello stipendio (per poter stare a casa con congedi speciali) determinando così un clima di incertezza economica in una spirale senza uscita. Senza considerare le fisiologiche situazioni di difficoltà che possono verificarsi e che con una stretta nella convivenza vanno ad inasprirsi».

La perdita dei progressi educativi nei bimbi con disabilità dello sviluppo è uno stress eccessivo per le famiglie colpite da malattie, perdita del lavoro, povertà e insicurezza abitativa?
«Quali sono le prospettive? La prospettiva e il nostro principale obiettivo è di poter tornare alla normalità. Vorrei rivedere i bambini che escono da scuola in tranquillità e con il sorriso sulle labbra. C’è bisogno dell’aiuto di tutti. Ognuno di noi può con il proprio contributo fare in modo che questo periodo possa passare in fretta. Nella nostra recente ordinanza abbiamo inserito proprio la deroga per far sì che gli alunni con disabilità possano frequentare in presenza le lezioni. Dobbiamo innanzitutto garantire loro il diritto allo studio, tutelato costituzionalmente. Sono da sempre sensibile sull’argomento e c’è da parte mia la volontà di ascoltare tutti coloro che abbiano suggerimenti e proposte da fare in tema. Ritengo che confrontarsi, soprattutto in questo periodo, sia fondamentale. Ci tengo a precisare oltretutto, che nell’ordinanza abbiamo voluto inserire la deroga non solo per i bambini con disabilità, ma anche per coloro che purtroppo non hanno ancora una connessione ad internet stabile per poter affrontare da casa le lezioni perché vivono in zone con difficoltà di collegamento telematico».

Per le famiglie più povere e disagiate non poter contare sul supporto scolastico può diventare un problema per la sicurezza dei bambini?
«Premesso che è compito della famiglia mantenere, educare, istruire i figli secondo quanto disposto dall’art. 30 della nostra Carta Costituzionale, è indubbio che nelle situazioni familiari e nelle zone più disagiate e povere il non poter frequentare la scuola possa acuire fragilità ed incertezze. Dobbiamo quindi occuparci, prenderci cura dei più deboli, garantendo loro maggiori possibilità formative proprio per la loro situazione di svantaggio. Da parte mia, del Presidente e di tutta la Giunta Regionale c’è proprio questa volontà».