ANCONA – «È fatta!» esclama al telefono l’imprenditore Antonio Ambrosio. L’Odissea è finita. Il Bar del Duomo può riaprire. Otto anni di ricorsi, lavori a singhiozzo, interruzioni e ripartenze. Fino all’ultimo episodio che ha fatto trasecolare il ristoratore: l’Amministrazione comunale aveva acconsentito alla concessione 25ennale, come richiesta da Ambrosio, ma a condizione che in ogni momento il Comune sarebbe potuto tornare in pieno possesso della struttura. Una clausola intollerabile per l’imprenditore che, a quel punto, aveva minacciato di lasciar perdere tutto. Subito gli uffici comunali si sono attivati per cambiare la formula contrattuale, eliminando la dicitura che ha rischiato di far saltare il banco. «Adesso è tutto a posto – assicura Ambrosio – possiamo riprendere il nostro progetto».
La riapertura
All’incirca ci vorranno dai 6 agli 8 mesi per ristrutturare l’immobile. Ma prima c’è la parte più difficile: «Trovare le ditte a cui affidare i lavori – spiega il ristoratore – perché per via del bonus 110 sono quasi tutte impegnate nelle ristrutturazione di palazzi. E facciamo fatica a trovare chi può lavorare per noi». Ma non c’è solo questo a complicare il discorso. «È difficile anche reperire le materie prime, in particolare l’acciaio», prosegue Ambrosio. Insomma, il cammino è ancora un po’ in salita. Ma si vede la luce in fondo al tunnel. Impossibile dare una data esatta per la riapertura del Bar del Duomo, ma il titolare ha chiara la deadline: «Entro la fine dell’anno – dice – anche se sarebbe stato fantastico inaugurare prima dell’estate, ma gli ultimi intoppi ce lo hanno impedito. Ad ogni modo non importa. Siamo fuori dagli ingorghi e non vediamo l’ora di cominciare anche questa nuova avventura».
I precedenti
La rinascita del Bar del Duomo somiglia più ad un’Odissea iniziata otto anni fa. Nel 2013 Ambrosio subentra alla vecchia società che gestiva il locale. Ma ancora prima di dare il via ai lavori di ristrutturazione arriva la prima bega: il diniego da parte della Provincia di una sanatoria per una veranda che stava lì da almeno 30 anni. Poi, quando finalmente la veranda viene demolita e possono iniziare i lavori nel maggio del 2016, ecco che durante i sondaggi richiesti dalla Soprintendenza affiorano dal terreno tre diverse pavimentazioni originali in cotto e frammenti di parti murarie della chiesa sorta sul colle del Guasco nel XIII secolo.
Tutto fermo, ovviamente, con la Soprintendenza che mette i paletti: per riaprire occorre traslare in un’area attigua la costruzione del locale bar-ristorante. Così Ambrosio corre ai ripari una seconda volta. Cambia il progetto iniziale e fa prevedere due locali separati, con altrettanti accessi. Quello attiguo al locale sarà deputato a preservare i resti della chiesa e resi fruibili al pubblico. Progetto accettato. Ma a questo punto l’imprenditore chiede una concessione di 25 anni per rientrare delle spese lievitate vertiginosamente, contro i 12 previsti dal bando iniziale. Un’altra attesa che finalmente sembra concludersi a luglio, quando la giunta comunale ha accettato le condizioni di Ambrosio. Ma quando arriva il contratto per la concessione, arriva anche la sorpresa. Per fortuna l’incubo è finito. E adesso si può festeggiare davvero.