ANCONA- Le Marche nel Distretto italiano dello zucchero con l’obiettivo dichiarato di continuare ad aumentare la produzione e di arrivare ad avere un micro impianto di lavorazione regionale gestito dagli stessi agricoltori. Sono queste le novità emerse dall’incontro organizzato ieri – 20 gennaio – da Coldiretti Marche e CoproB, l’unico produttore cooperativo di zucchero con una filiera tutta italiana, per fare il punto della situazione su un settore in costante crescita.
Per la prossima campagna bieticola si sono già registrate 159 aziende per oltre 1650 gli ettari coltivati, di cui 487 bio e 1.168 in convenzionale. Numeri destinati a crescere: «Siamo partiti qualche anno fa con una manciata di aziende e un centinaio di ettari – ha ricordato Maria Letizia Gardoni, presidente di Coldiretti Marche – una sperimentazione riuscita che ha permesso di crescere. Quest’anno, nonostante le alte temperature e la carenza d’acqua che ha messo a dura prova le piante, le Marche hanno comunque mostrato numeri importanti grazie alla professionalità e all’esperienza dei propri coltivatori. Ora, nell’imminenza delle nuove semine, guardiamo al futuro con fiducia. Dalla Regione Marche è arrivata la conferma della misura di 150 euro a ettaro per sostenere le spese di trasporto delle barbabietole ai siti produttivi ma è chiaro che si tratta di una misura ponte in attesa di strutturarci meglio con micro impianti di lavorazione per ovviare alla distanza tra il campo e i principali zuccherifici nazionali».
Quello delle zucchero 100% Made in Italy non è un ritorno al passato ma una richiesta da parte di un mercato sempre più attento alla sostenibilità e all’etica che preferisce un prodotto nazionale anziché acquistarne da Paesi che sfruttano la manodopera o utilizzano prodotti chimici nocivi e proibiti in Italia.
«Abbiamo una domanda dei consumatori da soddisfare – ha detto Claudio Gallerani, presidente di CoproB – e c’è voluta tutta la tenacia di Coldiretti e nostra per riprendere un settore che era stato massacrato. Abbiamo ancora tanto da lavorare e ora la grande scommessa è crescere nella filiera bio. Un mini impianto per le Marche? Ci puntiamo perché è un’area che merita. Quando? Il prototipo esiste già ma deve essere sviluppato perché ancora non dà una produzione capace di abbattere i costi di trasporto».