“In Ascolto” tocca Pescara e incontra e si specchia con le realtà della Pubblica Amministrazione e del Terzo Settore dell’Abruzzo e delle Marche. Dopo la prima di Brescia, la seconda tappa del road show di BPER Bene Comune – l’insieme di iniziative, servizi e soluzioni di credito dedicati alla Pubblica Amministrazione e alle realtà del no profit di BPER – ha raccolto bisogni e sfide emergenti dai territori dell’area adriatica del centro Italia.
Quale quadro ne è emerso? Ne parliamo con Daniele Pedrazzi, responsabile BPER Bene Comune.
Cosa è “In Ascolto”?
«È un programma, un piano che abbiamo pensato e articolato su tutto il territorio nazionale e al quale abbiamo inteso dare la formula del road show. Obiettivo di base e complessivo che ci siamo dati, uscire da quella che può essere la comfort zone dei nostri uffici e in qualche modo delle nostre certezze. E incontrarci sui territori e coi territori, anche con grande umiltà. Con l’intento di metterci all’ascolto e comprendere temi e istanze. La nostra attenzione l’abbiamo indirizzata su un segmento cruciale della nostra società quale il Terzo Settore, che sta vivendo una fase nella quale sono diverse le transizioni che deve affrontare. La prima, tutta la dinamica dettata dalla riforma normativa che ha riguardato negli ultimi anni questo contesto. E poi lo stesso ambito sociale in pieno mutamento nel quale si muove un Terzo Settore che, lo vediamo spesso nelle emergenze, è quello che per la sua natura e le sue modalità organizzative per primo si trova a confrontarsi e dover dare risposte immediate alle e nelle criticità, prima ancora che le istituzioni si attrezzino».
Secondo quali modalità si muove il road show?
«In genere in ogni tappa incontriamo circa venti, trenta realtà dei territori di riferimento, che individuiamo col supporto di comprovata affidabilità di soggetti locali. Per le Marche e l’Abruzzo, ad esempio, i due Centri Servizi Volontariato delle regioni, che ci hanno consentito di entrare in contatto con le 36 partecipanti all’incontro di Pescara, enti e associazioni emblematici e significativi per i loro percorsi. Tutto è andato per il meglio, con grande soddisfazione reciproca».
Come si articolano quindi i lavori?
«Lo spirito secondo il quale ci si muove è quello di mettersi in ascolto creando questi momenti itineranti, che in seguito hanno toccato Brescia e toccheranno ancora Torino, Napoli, Genova e altre città. Senza fare passerelle, lanciare proclami o pensare di autocelebrarsi, si creano tavoli di lavoro e workshop dinamici nei quali vediamo punti di contatto capaci di andare a stimolare il confronto e soprattutto di dare voce propria ad ogni singola realtà, che ha la possibilità di portare all’attenzione i temi che le stanno a cuore, le proprie sfide ma anche i propri timori quotidiani».
Quale il quadro che ne sta emergendo?
«In primo luogo, abbiamo potuto notare come in occasioni come queste finisca per concentrarsi una grande effervescenza di idee e propositività. Il Terzo Settore è una parte vivissima della nostra società e delle nostre comunità locali, la cui conoscenza non finisce mai di stupirci, con una attività forte che varia dal sociale al campo della cultura».
I temi chiave?
«Un po’ ovunque il primo è quello che si confronta con la necessità di prendere le misure con la riforma normativa che ha dato a tutto il Terzo Settore da tre, quattro anni una nuova cornice entro la quale muoversi. E che ha portato ad esempio a tutta una serie di obblighi da rispettare. Come quello che ha spinto nella direzione di una maggiore trasparenza e di una più rigorosa strutturazione di queste realtà, specie per quanto riguarda i ruoli di responsabilità e apicali dell’assetto. Da un lato c’è stato il compito di adattarsi per rispondere alle nuove esigenze ma dall’altro c’è stata e c’è anche la sfida di saper cogliere le opportunità che si sono aperte. Con uno studio delle forme necessarie ad evolvere verso strutture e modalità utili a compiere un passo in avanti e saper ricoprire una nuova veste. Nel road show ad esempio si è parlato molto della nuova fattispecie di “impresa sociale”. Soggetto molto interessante, nella sua capacità di organizzarsi e di individuare preziose modalità di autonomia ad esempio per una ricerca delle risorse che sappia anche uscire fuori dalle canoniche vie delle erogazioni liberali. Questo conduce a prevedere una dimensione anche di tipo commerciale che possa garantire una sostenibilità. A noi banche in questo senso viene chiesto di promuovere soprattutto la conoscenza delle possibilità offerte e la maturazione di una consapevolezza quanto ad elementi così importanti».
Altri tasti?
«Tema di pari importanza è l’evoluzione del rapporto con la pubblica amministrazione, rispetto a quello classico per tanti anni della pura committenza, molto forte ad esempio in settori come il socio sanitario o l’educativo. Ma anche nel cambiamento della relazione con la pubblica amministrazione, il Terzo Settore sta attraversando dinamiche che pongono questioni forti. E c’è la necessità che la P.A. per prima si apra e evolva nel suo impegno al fianco del no-profit, secondo una logica non più di top/down, mi verrebbe da dire, ma di collaborazione alla pari. Altro campo di riflessione, la crisi in questi anni di quelle che sono state per decenni le più tradizionali modalità di reperimento di volontari e di ricambio generazionale. Le grandi catene di un tempo, politica e religiosa, vivono delle difficoltà e allora occorre creare nuove occasioni di intercettazione e coinvolgimento».
Specificità sui territori di Marche e Abruzzo che l’incontro di Pescara ha messo in luce?
«In entrambe le regioni abbiamo trovato, debbo dire, delle note positive, in particolare legate a quelle che sono le esperienze di collaborazione con la Pubblica Amministrazione, sia che si tratti di enti locali sia che si parli di aziende sanitarie. Abbiamo avuto un riscontro di elementi di positività e di un rapporto complessivamente virtuoso di collaborazione che non è poi così frequente individuare. Evidentemente anche a livello di amministrazioni locali si è aperti a determinate evoluzioni. Penso ad esempio, in Abruzzo, a come la regione sia diventata una sorta di capofila nel campo dei servizi per l’autismo».
Bilancio e sfide per BPER Bene Comune?
«Da un lato questi confronti ci stanno dando diverse conferme ed è confortante quanto al fatto che gran parte del lavoro fatto in un anno e mezzo da BPER Bene Comune abbia saputo attivare le potenzialità giuste. Ma stanno arrivando anche molti spunti nuovi. In primo luogo, naturalmente, ci si chiede di “fare bene la banca”, col suo ruolo di intermediario e di soggetto di cui c’è bisogno nell’accompagnare la crescita di un progetto. Ma ci arriva anche un altro messaggio importante, che ci sollecita quanto ad un ruolo non solo da fornitore puro ma anche di supporto istituzionale, al fianco delle istanze da presentare. E ci chiama a leggere e cogliere le potenzialità del Terzo Settore, mettendole in luce e consentendo di valorizzarle secondo logiche di sostenibilità».