ANCONA – «Il bullo, per mezzo della violenza (fisica o verbale) esprime disagio. E non va condannato, ma ascoltato». A dirlo, è la psicologa anconetana Gloria Trapanese, che spiega come, negli ultimi anni, il fenomeno del bullismo omobilesbotransfobico stia crescendo a ritmi serrati e «le conseguenze – avverte – possono essere drammatiche». Necessario, per la vittima, un supporto, per «non sentirsi sola».
Dottoressa Trapanese, una settimana fa l’aggressione a presunto sfondo omofobo contro una coppia di ragazze che si dava la mano, nel centro di Ancona (clicca qui). Pare che una delle due indossasse una borsa arcobaleno (simbolo lgbt+): si è fatta un’idea sulla vicenda?
«Non conosciamo l’orientamento sessuale della vittima, dunque non posso parlare con certezza di omofobia. Però, posso dire che il bullismo omofobico è un fenomeno in forte espansione, che sta diventando molto frequente. Ci sono dati piuttosto recenti, a tal proposito».
Prego, li illustri…
«Degli studi effettuati in alcune scuole, emerge che almeno 1 studente su 20 è stato vittima di bullismo omofobico. Rispetto al passato, c’è un aumento considerevole del fenomeno. Per questo, lo si deve analizzare e studiare».
E gli aggressori sono giovani…non erano le nuove generazioni ad essere le più inclusive?
«Beh, qui il problema è sulla percezione delle differenze. L’aggressione omofoba è un atto di bullismo. E, come ogni episodio di bullismo, si sostanzia in un atto di prepotenza e di abuso rivolto ai soggetti più fragili, come omosessuali, indigenti o disabili. Persone, cioè, che vengono identificate come diverse e quindi deboli».
Senta, cosa prova la vittima di omofobia?
«Le vittime generalmente si trovano sole, si isolano e si crea un meccanismo per cui gruppi di ragazzi esercitano violenza su chi viene socialmente stigmatizzato, proprio come avviene nel comune bullismo o nel cyberbullismo».
Quindi, cosa consiglia alla 16enne raggiunta da un pugno al volto?
«Di non sentirsi sola, perché l’isolamento sociale è l’aspetto più devastante e compromettente. Alla ragazza dico di chiedere aiuto e sostegno».
Tra l’altro, le conseguenze di omofobia sono ancora più drammatiche se intervengono nel mezzo di un percorso terapeutico di accettazione della propria sessualità...
«Certo. La vittima, spesso, dopo l’umiliazione, prova ansia, depressione e si parla di disturbo post traumatico da stress. Nei giovanissimi può comportare un calo del rendimento scolastico, fino all’abbandono degli studi, oltre all’isolamento sociale. Ricordiamo che si tratta di persone che definiscono la propria identità (anche sessuale) e che magari affrontano un periodo delicato della propria vita».
Cosa direbbe all’aggressore?
«Più che dire qualcosa, lo ascolterei. Giudicarlo, stigmatizzarlo come ‘delinquente’ o insultarlo sui social, come ho visto fare in questi giorni, non serve a nulla. La violenza del bullo esprime un disagio, è una richiesta di aiuto. E quindi va intercettata e raccolta. Invece, nessuno si chiede ‘il perché’ del gesto. E poi, diciamocelo, talvolta, i giovanissimi, per via del non completo sviluppo cognitivo, tendono a non comprendere le conseguenze dei propri gesti».
E allora, come prevenire?
«Con interventi mirati di educazione e dialogo. Centrale, oltre la famiglia, la scuola».
Senza scendere nel dibattito politico, il ddl Zan potrebbe aiutare?
«Occorre prevenire il bullismo, al di là dell’approvazione del ddl Zan. Già in alcune scuole si affronta il tema delle discriminazioni. Poi, però, c’è da capire quanto la società consideri l’omosessualità un tabù».
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