ANCONA – Coinvolgere i malati Alzheimer in attività che possano tranquillizzarli, scuoterli dalla confusione o dall’apatia in cui versano e risvegliarne le reazioni. È questa la grande sfida delle bambole empatiche Joyk, una terapia nata in Svezia alla fine degli anni 90, che sta mostrando ottimi risultati su questo tipo di demenza. La doll therapy, così si chiama, viene impiegata già da febbraio di quest’anno su 3 gruppi di ospiti della Residenza Protetta e Casa di Riposo Fondazione Ceci di Camerano, gestita dalla cooperativa Nuova Sair.
Una malattia neurodegenerativa, quella dell’Alzheimer, caratterizzata da demenza e da una serie di sintomi che producono un forte impatto sulla vita del paziente e dei suoi familiari. In Europa nel 2015 l’Alzheimer ha colpito più di 10 milioni di persone, mentre in Italia nel 2005 i malati affetti da questa patologia erano 650 mila e si stima che nel 2025 arriveranno a 1 milione e 200 mila. La presa in carico di questi pazienti è piuttosto complessa, ma la doll therapy che sta dando ottimi risultati nell’attenuazione dei disturbi comportamentali che si accompagnano alla patologia, come spiega la referente del progetto, la dottoressa Laura Pasquini, psicologa e psicoterapeuta della Fondazione Ceci.
«L’ospite con Alzheimer difficilmente si lascia coinvolgere in attività educative – spiega la psicoterapeuta – ma la doll therapy, lavorando sull’attaccamento, riesce a risvegliare le esperienze passate positive di accudimento, rendendo l’anziano da soggetto passivo ricevente di cure, un soggetto attivo che eroga cure. Questo tipo di terapia tranquillizza l’ospite, placandone lo stato confusionale tipico della malattia. La persona riesce così a sperimentare emozioni positive e a concentrarsi in un’attività, con beneficio dei sintomi legati alla malattia. La bambola per il malato Alzheimer non è un gioco, è un’attività molto significativa ed è commovente vederlo nell’interazione con la bambola. Un oggetto transazionale che consente ad alcuni ospiti di rievocare la loro esperienza di genitore, ad altri quella di nonni o di zii, ma abbiamo avuto anche il caso di un maestro che interagiva con la bambola come se fosse stata un suo allievo».
Complessivamente sono 28 i pazienti over 85 anni coinvolti settimanalmente nella terapia, dei quali 25 sono donne e 3 uomini. La somministrazione avviene collettivamente nell’arco di un’ora, ma poi i pazienti che rispondono molto bene alla terapia possono esserne coinvolti anche in sessioni individuali.
Fondamentale la selezione dei pazienti per il buon esito della terapia, un processo che si basa sull’analisi della storia di vita dell’anziano e la sua attitudine verso i bambini.
Inizialmente il progetto era stato avviato in maniera sperimentale con 4 bambole su due gruppi di 7 pazienti ciascuno, ma poi «i risultati sono stati così positivi e incoraggianti che abbiamo deciso di raddoppiare, passando a 4 gruppi di ospiti – evidenzia il presidente della Fondazione Ceci, Massimo Piegiacomi – i casi più interessanti che potevano trovare giovamento dalla terapia sono stati coperti tutti, anche se stiamo vagliando la possibilità di allargare in futuro la terapia anche ad altri ospiti».
Le bambole, grazie alla loro conformazione, al collo morbido e ciondolante, e al peso distribuito nella parte posteriore del corpo, sollecitano gli stimoli sensoriali rilassando l’anziano.
Un gioco che diventa realtà per gli ospiti, come sottolinea la dottoressa Pasquini e che «proprio per questo ha una funzione terapeutica importante. Una terapia che non si improvvisa, ma che richiede un grande lavoro di preparazione e una corretta gestione attraverso un’attività di squadra che dà risultati importanti nel contenimento degli stati confusionali che destabilizzano non solo gli ammalati, ma anche gli operatori e le famiglie».
Ma uno dei più grandi risultati messi a segno dalla doll therapy è quello di migliorare la socializzazione, permettendo all’anziano di uscire dallo stato di isolamento che caratterizza la malattia: «durante la terapia, attraverso lo stimolo della bambola i pazienti entrano in relazione tra loro – spiega la dottoressa Pasquini – vediamo spesso che si mostrano a vicenda le rispettive bambole e questo è un grande risultato, visto che l’interazione non è affatto scontata per questa tipologia di ospiti».
Una terapia molto utile, dunque, oltre che seria, anche se spesso incontra inizialmente le resistenze da parte dei familiari che non riescono subito a comprenderne la reale capacità terapeutica sull’anziano. Nel concreto la doll therapy consente di alleviare alcuni dei sintomi caratteristici della malattia, tra i quali la confusione, l’agitazione, l’aggressività, il pianto, la depressione, l’apatia e soprattutto il vagare senza meta (wandering) che rappresenta uno dei comportamenti più preoccupanti nell’Alzheimer.
Tra le nuove terapie al vaglio per gli ospiti della Casa di Riposo di Camerano nei prossimi mesi dovrebbero concretizzarsi anche i bagni con la musicoterapia e cromoterapia, nuovi strumenti per favorire il benessere e il rilassamento degli anziani.