ANCONA – Si chiama Simone Bortoluzzi, 29 anni, e ha già sfornato diversi singoli. L’ultimo si chiama Luna al Passetto e il video – girato tra la spiaggia e il centro cittadino – è mozzafiato (clicca qui). In tasca una laurea in Giurisprudenza conseguita all’università di Bologna, sul viso un sorriso gentile e in testa quella passione che insegue da sempre, la musica.
Più di un hobby, le canzoni, qualcosa che lo fanno stare bene. Proprio come il mare del Passetto. Non c’è verso di fuggire, per Simone. «Anche se ho provato ad andare all’estero», confessa. «Ma amo troppo la mia città». E la musica, ovviamente.
Marchigiano di Ancona, Jimmiloom (questo il suo nome d’arte) di talento ne ha eccome. In tanti lo hanno applaudito mentre si esibiva (insieme al bravo Alex Andreoni) sul palco di corso Amendola, in occasione della Notte bianca dello scorso 7 ottobre. Sì, Dalla e De André gli riescono bene, ma Luna al Passetto è un capolavoro nostrano che gli riesce ancora meglio.
Domenica 15 ottobre Jimmiloom e Andreoni si esibiranno davanti al teatro delle Muse, in piazza della Repubblica, in occasione dello spettacolo itinerante in omaggio a uno dei più grandi pittori italiani della seconda metà dell’Ottocento, l’anconetano Francesco Podesti.
Come devo chiamarla, Simone o Jimmi?
«Come vuole (ride, ndr)».
Perché ʻJimmiloomʼ?
«Ero all’università: una sera ci troviamo a casa di amici e iniziamo a bere. Stavamo facendo un gioco, inventare un nome per l’altro. E bisognava associarlo a un animale. A me, danno ʻJimmi Lumacaʼ. Scoppiamo a ridere e tengo il nomignolo. L’ho solo cambiato un po’: Jimmi e Loom. Divertente, no?».
Senta, lei ha studiato a Bologna. Poi, è tornato qua, nella sua Ancona…
«Qui sono nato e ora ci lavoro. Ho frequentato le scuole medie Pascoli e lo scientifico, al Savoia Benincasa. Mi sono sempre divertito tanto, ma ho anche avuto quei dispiaceri e quelle delusioni tipiche degli adolescenti. Poi sì, giurisprudenza a Bologna. Pensavo di andare là solo per studiare, ma ho anche conosciuto molta gente, cominciando poi un percorso artistico».
Sono tanti i giovani che vogliono lasciare questa città, forse un po’ troppo dormiente. Lei ci ha mai pensato?
«Ho provato a fuggire più di una volta, cercando di farmi una vita fuori, all’estero. Ma non ce l’ho mai fatta. Sono troppo radicato a questi luoghi, troppo legato alla città, alle amicizie, alle mie origini. Quando sono lontano, mi manca. E vorrei restarci ancora per molto».
Lei e la musica: una storia d’amore. Quando vi incontrate?
«(sorride, ndr) A 18 anni mi regalano uno strumento, indovinate quale».
Beh, l’abbiamo vista alla Notte bianca con la chitarra…
«Esatto, la chitarra. Quel periodo ascoltavo una canzone che andava in radio: New shoes di Paolo Nutini. L’ho presa, non conoscendo le note. Ho trovato una melodia simile, l’ho fatta sentire a un amico e gli è piaciuta. Così ho iniziato a scriverci su la prima cosa che mi passava per la mente».
Cosa vuole trasmettere?
«Qualsiasi cosa. Oggi la più grande vittoria è non essere indifferente agli altri. Indifferenza ovunque, dappertutto. Questo sì che mi fa paura. Suscitare interesse è già di per sé ambizioso».
A chi si ispira?
«Non ho un mito in particolare. Cerco di osservare molto, selezionando con cura ciò che ascolto. De André è uno dei capisaldi della musica italiana, la sua è pura poesia. Io invece mi sento imparagonabile a qualunque artista. Tento di imparare dagli altri, ma anche di essere autentico e genuino».
Com’è nata Luna al Passetto?
«Ero a casa e mi annoiavo, come capita spesso. E ho iniziato a pensare che non avevo mai scritto una canzone per la città che amo di più al mondo, la mia Ancona. Allora comincio a buttare giù qualcosa».
E viene fuori ˈAncona l’abito da sera lo mette in estate per meˈ…
«Sì, perché la città si ravviva solo in estate. ˈStasera c’è la luna piena e la guardo al Passetto con teˈ. Sa, mi piace guardare la luna, mi trasmette energia. E il Passetto è un luogo romantico, mi sorprende che qualcuno non gli abbia mai dedicato una canzone. Così, l’ho fatto io. Anzi, ci ho provato».
Le piace il Passetto?
«Molto, ma di questo non parlo quasi mai. È un rifugio, un luogo sicuro, un posto del cuore. Quando qualcosa non va, il Passetto è lì, ha sempre il consiglio giusto, mi comunica uno sguardo profondo sulle cose. Mia nonna mi ci portava sempre da bambino. Ho un ricordo bellissimo di lei: mi ha insegnato a essere gentile, che è la più grande qualità che si possa avere».