Ancona-Osimo

Carnevale: curiosità, dolci tipici e la ricetta delle castagnole

Il cuoco Marino Martelli, nella cucina del ristorante La Terrazza di Ancona per oltre 20 anni, ci racconta come si prepara la golosità carnevalesca per eccellenza, lavorata con la forchetta, e quando veniva servita dentro al porto anconetano. E poi spazio a chiacchiere o frappe, frittelle, scroccafusi e cicerchiata, coriandoli, tradizioni e travestimenti

Dolci di carnevale
Dolci di carnevale

ANCONA – Castagnole, chiacchere o frappefrittelle, scroccafusicicerchiata. Non solo coriandoli e travestimenti, a Carnevale ogni dolce vale nelle Marche! Festa che piace e mette d’accordo un po’ tutte le età, la tradizione del Carnevale si perde nella notte dei tempi. Il nome deriva dal latino “carnem levare”, che significa letteralmente eliminare la carne, una usanza cattolica tipica del periodo precedente la Quaresima.
Ma già nell’antico Egitto si possono trovare tracce di questa festa, durante le celebrazioni in onore della dea Iside, dove erano presenti gruppi mascherati. Nella Grecia antica questa tradizione era presente nelle feste in onore al dio Dioniso, e a Roma nei “saturnali”, dove oltre al travestimento era in voga lo scherzo. In Italia le prime tracce del Carnevale, inteso nell’accezione più moderna del termine, risalgono al XIII secolo e tra i più antichi d’Italia ci sono i carnevali di Venezia e Fano.

CASTAGNOLE

Castagnole

Le castagnole, tipiche del pesarese, sono in assoluto il dolce carnevalesco più diffuso nelle Marche. La loro forma cambia a seconda della zona di preparazione, così nell’ascolano sono tondeggianti, mentre in provincia di Pesaro assumono una forma più allungata. Prima di servirle la tradizione vuole che siano cosparse di zucchero, di miele o di Alchermes. Un tempo, non erano riservate solo al Carnevale, ma venivano preparate e gustate anche in occasione dei ricevimenti di nozze.

«La ricetta delle castagnole è sicuramente molto antica; – spiega la docente di Biochimica dell’Università Politecnica delle Marche, Laura Mazzanti – è stato ritrovato nell’archivio di Stato di Viterbo un volume manoscritto del Settecento in cui sono descritte ben quattro ricette di castagnole, di cui una prevede la cottura al forno».

Le castagnole sono il simbolo del Carnevale, come testimonia un detto in vernacolo anconitano: «Fenito Carnevà, fenito amore fenito a fà la pachia da signore, fenito de stacià farina in fiore, fenito de magnà le castagnole».

SCROCCAFUSI

Scroccafusi

Ricetta di origine contadina, gli scroccafusi derivano il loro nome dal rumore caratteristico emesso nel mangiarli; sono infatti dolci  croccanti che “scrocchiano” sotto i denti. Tipici del maceratese, si preparano anche in altre zone delle Marche: ad Arquata del Tronto li chiamano stummeri, mentre ad Osimo cecetti.
Un tempo usavano cuocerli nei forni a legna e, secondo un’antica usanza che sconfina nella superstizione, le massaie per essere certe della buona riuscita di questo dolce non dovevano lasciar entrare nessuno in cucina durante la sua preparazione. Caratteristica di questo dolce la doppia cottura: prima si lessano e poi si friggono in olio bollente, e prima di servirli in tavola vanno bagnati nell’Alchermes.

CICERCHIATA

La cicerchiata

Dolce tipico alcune zone del centro e sud Italia, la cicerchiata in Abruzzo, Marche e Molise è un cardine della tradizione carnevalesca, tanto da aver ottenuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tipico, ovvero PAT. Sull’origine di questo dolce esistono diverse teorie: per alcuni sarebbe nato in Abruzzo, per altri avrebbe visto i suoi natali al confine tra Marche e Umbria, mentre secondo un’altra tradizione deriverebbe da un dolce tipico marchigiano. Anche sul nome non c’è un accordo, nonostante con tutta probabilità sembri derivare dalla cicerchia, il legume simile al cece, molto diffuso nel territorio umbro-marchigiano e nel sud Italia, di cui ricorda oltretutto anche la forma. La cicerchiata è diffusa soprattutto nell’anconetano e nel fabrianese.
Molto caratteristica è la sua forma: piccole palline di pasta dolce fritta, mescolata con miele caldo, mandorle tritate, nocciole o pinoli.

RAVIOLI DI CASTAGNE

Ravioli di castagne

Dolce carnevalesco tipico di Ascoli Piceno, i ravioli di castagne sono una vera e propria ghiottoneria che nasconde al suo interno un “cuore” di marroni dei Sibillini o della Laga. Le massaie un tempo li preparavano con alcuni giorni di anticipo e venivano consumati per tutto il periodo di Carnevale. La ricetta, come molte altre tipiche delle Marche, veniva preparata “a occhio”, ovvero senza dosare gli ingredienti.

LA RICETTA DELLE CASTAGNOLE DI MARINO MARTELLI

“Finito carnevà, finito amore, finito de magnà le castagnole”.
«Con questo “proverbio” cominciavamo, sotto la guida esperta del mio Mentore Silvana Fiscaletti, cuoca e titolare del ristorante La Terrazza al porto di Ancona con la quale ho avuto l’onore e il piacere di lavorare per più di venti anni, ad impastare le castagnole per il periodo di festa di carnevale», racconta Marino Martelli, cuoco che oggi lavora nella cucina del ristorante Il Molo di Portonovo.

La ricetta delle castagnole era tramandata, come del resto la maggior parte delle ricette tradizionali e popolari, e «metteva allegria e infondeva un senso di famigliarità non solo tra noi ma anche con i clienti ogni volta che venivano loro offerte – spiega lo chef -. Dai camionisti, agli autotrasportatori, gli operatori del porto, i turisti fino ai clienti più esigenti, a tutti facevano lo stesso effetto: strappavano un sorriso mentre le mangiavano e mentre le mangiavano guardavano dentro per carpire chissà quale segreto rendeva questo dolce così godibile».

«Delle prime padellate – racconta Marino Martelli con un pizzico di nostalgia – ne arrivavano ben poche ai tavoli del ristorante perché non si può resistere alla tentazione di mangiarle. A noi della cucina piacevano ancora calde quando le mordi e ti arrivano al naso tutti i profumi dell’arancia, dei liquori all’anice e il dolce sapore della doratura esterna e dello zucchero che le ricopre».

Castagnole

La ricetta
Ingredienti:
3 uova
3 cucchiai rasi di zucchero
500 g. di farina
20 g. burro fuso
1 bicchiere di liquori bianchi (anisetta Meletti, Varnelli, grappa, e una piccola concessione perché lo avevamo a disposizione, Grand Marnier)
Scorza di un’arancia grattugiata
1 bustina di lievito in polvere

Preparazione:
Si inizia sbattendo le uova con la scorza grattugiata dell’arancia in una ciotola abbastanza capiente da contenere tutti gli ingredienti. «Nonostante fossimo in una cucina attrezzata professionale, ricordo che veniva fatto con una forchetta al posto delle fruste elettriche o quant’altro, perché… “andava fatto così”», spiega il cuoco. Poi si aggiungono lo zucchero, i liquori e il burro fuso, si mescola tutto alle uova per poi cominciare con la farina da aggiungere un po’ alla volta sbattendo energicamente.

Impasto delle castagnole

Si unisce il lievito e si continua con la farina fino a raggiungere la consistenza giusta, ovvero, prendendo un cucchiaio di impasto questo dovrebbe risultare omogeneo morbido un po’ appiccicoso ma abbastanza denso da rimanere attaccato ad esso. «Ragione per cui la farina non veniva pesata, e la risposta alla domanda “Quanta farina serve?” era la classica “famo a occhio!!”» racconta.

Mentre si scalda l’olio di semi di girasole, «tenendo sempre vivo il ricordo di quando si friggevano le castagnole nello strutto di maiale e il commento del boss era …. “alora scì che era bone !!”». Il boss era Franco Carluccio, marito di Silvana, deceduto l’anno scorso e titolare anche lui dell’attività. «Un uomo di polso, persona stimata, capace e generosa con la battuta sempre pronta da vero anconetano» precisa il cuoco.

Si comincia a dare la forma alle castagnole prelevando una cucchiaiata di impasto alla volta, si fa scivolare dal cucchiaio aiutandosi con un dito nella farina, poi si prende con le mani, si allunga leggermente e si lascia riposare sopra la spianatoia giusto il tempo di prepararne una decina.

Il momento della frittura

Quindi tuffandole nell’olio caldo si gonfieranno tornando a galla, dovranno essere rigirate spesso fino a ottenere una bella doratura facendo attenzione a non farle brunire troppo.
Si scolano su carta assorbente, si passano nello zucchero ancora calde ed ecco pronte le “nostre” castagnole!

Come tutte quasi tutte le ricette anche questa è ricca di variazioni non solo di paese in paese ma addirittura di casa in casa: ognuno preparava e prepara ancora la sua versione con il proprio sapere o con “segreti” tramandati, quindi potremo trovare impasti che prevedono aggiunta di latte o panna, di olio, o castagnole bagnate con Alchermes prima di essere passate nello zucchero.

«Quello che so – conclude Marino Martelli – è che, qualunque sia la versione, questo dolce nasce per una festa delle più allegre e spensierate che ci sia e questo riesce a infondere famiglia, allegria e spensieratezza».

CURIOSITÀ SUL CARNEVALE

Coriandoli

coriandoli devono il loro nome alla pianta omonima.
Un tempo, in occasione delle feste di nozze, venivano lanciati i frutti secchi di questa pianta. È solo nell’800 che nascono i coriandoli di carta, come li conosciamo oggi. A “inventarli” furono  due ingegneri: Enrico Mangilli e Ettore Fenderlche.