JESI – «Clabo esce da Confindustria ma credo che anche altre aziende e colleghi imprenditori lo stiano valutando. Io? Ad ora no. Ma non lo escludo in futuro». Così Claudio Schiavoni, già presidente di Confindustria Marche, volto storico dell’associazione industriali sul territorio, sullo scontro scatenatosi intorno al cambio al vertice della Confindustria anconetana. La designazione a prossimo nuovo presidente di Diego Mingarelli è stata seguita dalle dimissioni anticipate, rispetto alla scadenza, di Pierluigi Bocchini e dalla dura presa di posizione dell’imprenditore jesino, che ha parlato, quanto alla scelta, di ingerenze esterne e subalternità alla politica di Confindustria. Puntando anche il dito contro quella che sarebbe la posizione di ineleggibilità dello stesso Mengarelli.
Come ci si orizzonta in questa bufera?
«In primo luogo, è bene fare un passo indietro – risponde Schiavoni – la candidatura a presidente avviene con due modalità. Una è l’autocandidatura, come aveva fatto Giovanni Fiorini. L’altra è la candidatura da parte di terzi: le aziende indicano qualcuno come loro candidato. Ci siamo quindi trovati con due nomi: Fiorini e Mingarelli, al quale è stato richiesto da alcuni associati di candidarsi».
E poi?
«Poi il collegio dei probiviri dell’associazione deve verificare l’eleggibilità o meno di candidati e auto candidati. E a quanto mi risulta, quello che è attualmente il designato alla presidenza Mingarelli ha in corso un procedimento disciplinare da parte dei probiviri di Roma, per violazioni del codice etico e dei valori associativi. Procedimento per il quale si possono rischiare fino a dieci anni di ineleggibilità, nel caso in cui non si sia avanzato ricorso in primo grado contro lo stesso. E sembra che questo Mingarelli non lo abbia fatto. A questo punto Pierluigi Bocchini ha scritto a Roma, sottoponendo la questione della ineleggibilità».
Risposta?
«In maniera che definirei “ponziopilatesca”, Roma ha dato una risposta del tipo ‘dato che oramai è stato designato, non ci possiamo fare più niente’. Peraltro, ritengo che Mingarelli di avere quel procedimento in corso l’avrebbe dovuto dichiarare al momento di presentarsi. Non farlo, non è il migliore degli inizi da parte di chi mi dovrebbe rappresentare. A questo punto, ciascuno può fare e fa le sue valutazioni. Bocchini lo ha fatto dimettendosi anticipatamente e annunciando l’uscita da Confindustria di Clabo. Ma credo che anche altre aziende lo stiano valutando. Di certo, non un buon modo di approcciarsi a una nuova presidenza. C’è poi l’altro fatto. Che è ancora più grave».
Ovvero?
«Le numerose chiamate ricevute che ci sono state testimoniate da tanti associati, da parte di politici a Roma e locali, per spostare il voto. Elemento di una gravità estrema».
Un inedito?
«Personalmente sono in Confindustria dal 2000. Ho rivestito incarichi fino al 2022, il primo da presidente Confindustria Giovani nel 2003, poi Confindustria Ancona, Ancona – Marche Nord, Confindustria Marche. Insomma, tutta la trafila. Mai accaduta una cosa simile. La politica, in Confindustria, è sempre rimasta fuori dalla porta e non è mai entrata. Perché è evidente che se un presidente ha come interlocutore principale una parte politica, se è spalleggiato da una parte politica, allora poi per lui diventa complicato andare a trattare in rappresentanza delle aziende con quella parte. Così Confindustria perde autonomia. Ed è di gravità estrema. Mi sono dimesso dal direttivo più per questo, che per l’ineleggibilità di Mingarelli».
Come se la spiega questa volontà della politica di intervenire?
«È stata una parte politica a farlo, non dico quale ma la si può intuire. I casi sono due. Qualcuno ne ha chiesto l’aiuto, ed è grave. Ancora più grave sarebbe se si fosse intromessa senza che qualcuno la chiamasse, significherebbe che contiamo molto meno di quello che pensiamo. Ma si tratta del secondo caso: è evidente che sia stato fatto per spostare voti da una parte all’altra. Magari non ha neppure avuto effetto ma resta grave il fatto stesso che la politica si sia intromessa. Il mio dissenso non è sulla scelta tra Mingarelli e Fiorini ma sugli interventi esterni su di essa».
Ed ora?
«Il presidente designato presenterà la sua squadra e la base associativa, a metà novembre, dovrà esprimersi. Certo in questa situazione non è Bocchini che esce l’anomalia. La sua non è polemica, è una rimostranza quanto a un modo non normale di fare le cose. Almeno parlare per esprimere dissenso, in una associazione per far parte della quale si paga, dovrebbe essere permesso».
E invece?
«Ho letto delle inesattezze nelle ultime comunicazioni di Confindustria Ancona. Che i saggi avrebbero collaborato coi probiviri per validare le candidature ma io non ho collaborato con alcuno né avrei potuto farlo, sarebbe impensabile. Che Bocchini non avrebbe eccepito alcunché ma chi lo dice non poteva essere presente e d’altro canto quanto si dice in quella sede, così come il voto, è segreto. E poi sull’esclusione di Mingarelli, avvenuta nel 2021 per un provvedimento del Consiglio di indirizzo etico e dei valori associativi. Ma d’altro canto, che dire se si arriva, con una comunicazione da Roma, a distorcere lo Statuto stesso di Confindustria Ancona, azzerando anche i vice presidenti quando invece questo prevede che, se il presidente si dimette, sia il vice anziano, in questo caso Andrea Lardini, il facente funzione?».