FALCONARA – Chiedevano soldi al venditore di kebab, consumando cibo e bibite senza pagare ma difronte al suo no sono iniziate le minacce con pedinamenti, fino a scuola, al figlioletto di nove anni. Imputati per estorsione due tunisini.
«Dacci i soldi o spacciamo droga nel tuo negozio», questa la frase ricorrente che i due stranieri avrebbero rivolto ad un venditore di kebab, di 37 anni, di origine bengalese, con l’attività in via Flaminia. Il fatto clou che ha fatto scattare la denuncia del commerciante e poi l’arresto per i due tunisini, di 33 e 32 anni (poi rimessi in libertà), risale al 25 maggio 2015.
In tarda serata, i due, sarebbero entrati nel negozio per chiedere soldi al bengalese. Lui ha rifiutato e sono volate bottiglie contro il commerciante che sarebbe stato minacciato anche con un coltello.
Stando alle accuse i due, a più riprese, avrebbero chiesto il pizzo al negoziante che non gradiva la loro presenza in prossimità della sua attività perché coinvolti in un giro di spaccio. Uno dei due tunisini, il 33enne, nel frattempo è stato rimpatriato perché sospettato di avere legami con i terroristi vicini all’Isis. Oggi, al tribunale di Ancona, davanti al collegio dei giudici, è stato sentito il bengalese che per la vicenda è finito poi imputato per lesioni nei confronti del 32enne che avrebbe aggredito con una spranga.
«Per tre anni – ha raccontato il commerciante (l’attività poi è stata chiusa), rappresentato in aula dall’avvocato Iacopo Casini Ropa – hanno mangiato e bevuto nel mio locale, spesso senza pagare e accumulando debiti per 180 euro. Chiedevano soldi, a volte 30 euro, altre volte 50 euro, per non crearmi problemi. Io in tre occasioni ho pagato ma poi mi sono stancato».
Stando alle accuse sostenute dal commerciante, il 32enne sarebbe arrivato anche a pedinare il figlioletto di 9 anni, fino a scuola, avvicinandolo. «Mi diceva che conosceva mio figlio – ha detto il bengalese – che sapeva che scuola frequentava. Un modo per mettermi paura».
In aula ha testimoniato anche un carabiniere del Radiomobile che la sera del 25 maggio era intervenuto, con la pattuglia, nel negozio di kebab. Il militare ha riferito di aver trovato il commerciante con uno dei due tunisini mentre l’altro, il 33enne, era nelle vicinanze. Non aveva il coltello che è stato trovato tra l’ingresso e la serranda abbassata di un altro negozio. All’interno dell’attività di kebab c’erano bottiglie di vetro rotte. Il 33enne, difeso dall’avvocato Pietro De Gaetani, ha sempre respinto le accuse.