ANCONA – Sindromi ansiose, attacchi di panico, depressioni e nei casi più gravi disturbi interpretativi accompagnati da deliri. L’emergenza Coronavirus non è solo una diffusione dei contagi, ma anche delle preoccupazioni, sull’onda del tam tam mediatico e dei social.
Le informazioni, a volte delle vere e proprie fake news, si rincorrono frenetiche rischiando di scatenare il panico tra la popolazione. «Tutti gli eventi traumatici, come guerre, attentati, grandi incidenti e terremoti, scatenano i disturbi interpretativi, deliri», osserva lo psichiatra Carlo Ciccioli, direttore del Dipartimento Dipendenze Patologiche di Ancona. In pratica nei disturbi interpretativi viene «attribuito all’evento traumatico una catastrofe che per alcuni è l’idea di essere contagiati e morire, mentre per altri è la paura di non avere più risorse economiche».
Insomma una vera e propria epidemia di ansie e timori che suscita in alcuni la paura di non riuscire a farcela e di rischiare il fallimento economico e la chiusura delle attività.
Accanto all’ovvio timore di essere contagiati, c’è una netta percezione di un importante cambiamento nella propria vita e nelle relazioni, osserva lo psichiatra. «Nelle forme più gravi si producono dei deliri, mentre nelle più leggere si hanno reazioni ansiose e depressive, che possono portare a recrudescenze e aggravamento delle patologie già esistenti».
Fondamentale in questi ultimi casi rivolgersi allo specialista per valutare un trattamento farmacologico, ma anche «limitare gli stressors, ovvero televisione, web e social, che bombardando di messaggi rischiano di accentuare le problematiche presenti».
Diverso invece l’impatto del Coronavirus sugli adolescenti. «A questa età sono meno sensibili ai pericoli ai quali tendono ad esporsi inconsapevolmente». Insomma per lo psichiatra è «tipico dei giovani non essere previdenti», sarà anche per questo che nel weekend nonostante le raccomandazioni delle Autorità di evitare gli assembramenti, molti ragazzi si sono ritrovati in Piazza del Papa per trascorrere la serata come di consueto. «Bisogna cercare di essere prudenti senza cadere nell’annullamento della vita – precisa -. È bene fare le cose importanti, essenziali, ma andare avanti».
Intanto però l’atmosfera è surreale, i supermercati sono vuoti, così come le Chiese e le strade, ma in alcuni momenti, perché poi paradossalmente si può assistere anche al fenomeno opposto, cioè alla rincorsa a riempire i carrelli nel timore di restare senza cibo, o vedere le strade o i parchi giochi affollati di famiglie e i banconi del bar con schiere di persone sedute una accanto all’altra intente a mangiare noccioline e a bersi un aperitivo. Insomma è tutto e il contrario di tutto, sull’onda del momento.
Come superare questa fase? Necessario secondo il professor Leandro Provinciali, già presidente della Sin (Società Italiana di Neurologia) raggiungere un «equilibrio fra l’emotività che genera ansia e timori e la difesa che porta alla negazione».
Un equilibrio che «dovrebbe essere incentivato dall’opinione pubblica nell’aspettativa che le cose vadano meglio». Secondo il neurologo infatti si possono osservare due poli: da un lato la paura della malattia e dell’isolamento» e dall’altro una sorta di sottovalutazione, ma questo equilibrio non può prescindere dalla «capacità di comunicazione delle Istituzioni».
«Talvolta nel nostro Paese si assiste alla tendenza alla critica, ma in questo momento è necessario accettare i sacrifici richiesti, e quindi modificare temporaneamente le nostre abitudini, storicamente lo abbiamo fatto più volte, è una prova di adattamento».
«L’importante – secondo il professor Provinciali – è non farne un dramma e non guardare solo al sacrificio, bensì alla prospettiva di stare meglio», considerando che siamo di fronte ad «una malattia che ala fine del discorso sarà severa nel 10% dei casi». Insomma per il neurologo «l’arma migliore è la ragione».
Giorgia Cannizzaro, psicoterapeuta dell’emrgenza, responsabile del servizio psicologia dell’elisoccorso della Regione Marche, responsabile del servizio di psicologia della terapia intensiva pediatrica De Marchi al Policlinico di Milano e direttore del servizio di psicologia Fondazione Hospice Seràgnoli di Bologna spiega che «paradossalmente le persone instabili psicologicamente stanno reagendo meglio delle persone cosiddette normali, continuano a venire nei nostri studi, mentre osserviamo uno stato di allerta che riguarda le persone sane».
Insomma, il Coronavirus sta avendo un impatto importante sulle persone sane in alcuni casi più che su quelle affette da patologie psicologiche. «Assistiamo ad uno stato di allerta che in realtà è fittizio perché vede le persone oscillare tra situazioni che apparentemente sembrano di consapevolezza e comportamenti irresponsabili come continuare ad aggregarsi o a spostarsi senza reale necessità, in base all’intensità dell’informazione mediatica». Una sorta di «schizofrenia comportamentale che oscilla tra la totale incoscienza e il terrore del contatto. L’emozione prevalente è l’angoscia, reazione tipica di fronte ad un nemico invisibile. La deriva comportamentale è il ritiro sociale. Quando il nemico non è identificabile, tutto diventa potenzialmente una minaccia. Il sentimento che ne deriva è quello di solitudine perché viene meno l’altro, nel suo valore protettivo e di supporto».
Ma in tutto ciò ci sono anche degli eroi, i medici, gli infermieri, gli psicoterapeuti e tutto il personale sanitario che sta lavorando stoicamente continuando a svolgere con abnegazione il suo ruolo, mettendosi a rischio. «La Lombardia è in ginocchio – spiega la dottoressa Cannizzaro – medici, infermieri e operatori sanitari stanno lavorando 24 ore al giorno, molti malati e in quarantena, e nonostante i turni vengano rinforzati manca il personale, ma quello che c’è non si risparmia e lavora con grande dedizione cercando di tenere a bada le paure». Sanno che possono ammalarsi, ma vanno avanti, perché in loro è scattata una sorta di «modalità emergenza – spiega la psicoterapeuta -, siamo come al fronte».