ANCONA – Tra entusiasmo e un arcobaleno di emozioni diverse si sta concludendo questa prima giornata contrassegnata dalla riapertura dei negozi di abbigliamento, di ristoranti, bar, parrucchierie e centri estetici, rimasti con le serrande abbassate per colpa dell’epidemia di coronavirus.
E il primo bilancio di questo lunedì di ripresa lascia ben sperare dal momento che i negozi sono stati presi d’assalto.
«Questa prima giornata è andata molto bene» racconta Daniela Mussone, titolare del negozio di abbigliamento da donna Babuska in via Palestro ad Ancona, nel cuore del centro storico. «Abbiamo lavorato molto bene con gli appuntamenti presi nelle ultime settimane e abbiamo una lista di clienti in attesa di circa un centinaio di persone. Pochi sono passati per caso – osserva -, ma chi è venuto ha subito acquistato».
Tra i capi di abbigliamenti più gettonati nella fase due ci sono i jeans e le t-shirt, ma anche abiti sfiziosi, spiega la commerciante che evidenzia come il colore nero sia bandito dal guardaroba di chi ha fatto shopping in questa prima giornata. Un segnale inequivocabile, secondo la Mussone, dello stato psicologico delle persone che hanno voglia di ricominciare, di uscire e di circondarsi di colore per scacciare la malinconia di due mesi trascorsi chiusi in casa.
Ma come è cambiato lo shopping con le misure anti contagio? «Abbiamo messo a disposizione delle clienti guanti monouso con i quali possono toccare i capi di abbigliamento, mentre per sanificare gli indumenti provati nei camerini ci siamo dotati di un macchinario a vapore che passiamo sui capi dopo ogni prova». Ovviamente clienti e personale devono indossare la mascherina di protezione, oltre ai guanti, e i camerini sono tutti dotati di gel igienizzante.
«La voglia di ricominciare era molta, anche se in giro c’è poco movimento, segno che le persone soffrono e questo lo leggiamo sul loro volto – spiega – . C’è chi ha perso il lavoro, chi è finito in cassa integrazione ma non è ancora stato pagato, però vediamo anche il desiderio di ricominciare». Presto per fare una valutazione, evidenzia la commerciante che si dice comunque «ottimista», forte anche di una clientela consolidata da oltre un ventennio di attività, ma come osserva «non sarà per tutti facile». Intanto però «occorre far muovere l’economia di questo Paese».
Liste di prenotazione piene per i parrucchieri che hanno rialzato le saracinesche presi d’assalto dai loro clienti che fremevano per taglio di capelli e colorazioni, i servizi più richiesti. «Ci siamo organizzati con entrate scaglionate sia per le clienti che per lo staff del salone – spiega Mauda Galdenzi, del salone Bruno Galdenzi di Ancona – . Abbiamo le liste di prenotazione piene fino a fine giugno e per ora abbiamo deciso di restare aperti anche il lunedì, adottando l’orario continuato». Certo lavorare in salone in mascherina e visiera non è semplice osserva la Galdenzi che tra le note dolenti di questa riapertura annovera il ricorso ai kit monouso in plastica e tnt, che insieme ai guanti contribuiscono ad inquinare l’ambiente. Poi la questione dei dispositivi di protezione introvabili come le mascherine facciali: «Abbiamo un ordine da 500 pezzi che attendiamo da settimane» anche se per ora sono abbondantemente coperti.
Lista piena fino alla prima settimana di giugno per la parrucchieria Centro Degradé di Osimo Stazione. Uno dei titolari Paolo Pizzichini spiega che «per poter evadere tutte le richieste abbiamo deciso di lavorare ininterrottamente almeno per le prime due settimane, lunedì e domeniche inclusi». Insomma attività aperta sette giorni su sette per gestire il post lockdown.
Una ripresa che però non è proprio semplice. «Ripartire è stata dura perché tra i kit monouso per i clienti, le postazioni di lavoro ridotte all’osso e l’organizzazione che richiede tempi più dilatati, è tutto molto più complesso». Il timore è che se la situazione dovesse prolungarsi allo stato attuale ancora per parecchio tempo, «il 30-40% del fatturato» vada in fumo, dopo che comunioni e matrimoni sono andati persi.
Ma a mettere in crisi chi riparte c’è anche la burocrazia come evidenzia Pizzichini: «Siamo sommersi dalla burocrazia, dobbiamo far firmare certificazioni sulle condizioni di salute a clienti e personale e conservarle per 14 giorni e oltre a questo c’è il disagio di dover lavorare indossando la mascherina tutto il giorno in una stagione che comincia già ad essere calda, per di più in un ambiente dove si usa il phon ed è sconsigliato l’utilizzo dell’aria condizionata». Insomma una ripartenza dai toni chiaro-scuri. «L’auspicio – conclude – è che i clienti collaborino comprendendo che in questa fase è essenziale il rispetto delle regole di sicurezza, ma anche degli orari degli appuntamenti».
Ai nastri di partenza c’è anche il ristorante Il Molo di Portonovo che riapre il 25 maggio dopo la chiusura invernale. «Una ripartenza speranzosa anche se molto articolata» come osserva lo chef Simone Baleani che però sottolinea «ci stiamo allineando con grande impegno e serenità ai protocolli anti contagio, sia per quanto riguarda i lavoratori che i clienti». Il locale infatti avendo la gran parte dei tavoli all’aperto subirà una riduzione di posti letto solo internamente per circa il 30-35% dei coperti. Ma intanto le prenotazioni non mancano, come spiega lo chef: «Abbiamo uno zoccolo duro di clientela che ci contatta per prenotare il tavolo sin dalla prima giornata di riapertura, ma anche per fissare l’ombrellone per la stagione. C’è entusiasmo e speriamo che si possa continuare così. Noi vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, ma è chiaro che serviranno anche i volumi per garantire lo stesso livello occupazionale della scorsa stagione». Se infatti la sensazione è positiva, intanto però la cautela è d’obbligo. «Non siamo ancora partiti con tutto il personale, molto dipenderà dal flusso di persone e di turisti che arriveranno, ma è ancora prematuro sapere che piega prenderà la stagione».
Le novità però non mancheranno assicura lo chef che ci annuncia già una new entry nel menù che andrà ad ampliare l’offerta delle crudità. Positivo poi il giudizio sul mosciolo di Portonovo che quest’anno è più grande del solito e lascia sperare in «una ottima stagione».