ANCONA – Dopo l’emergenza sanitaria, il Coronavirus rischia di mettere in ginocchio anche l’economia del Paese, per quella che si profila la crisi peggiore dal Dopoguerra. Un altro duro colpo per le Marche dopo le ferite del terremoto ancora non del tutto rimarginate. «Almeno il 75 per cento delle attività commerciali sono chiuse – spiega il direttore di Confcommercio Marche Centrali Massimiliano Polacco –; siamo fermi da più di 20 giorni. La situazione è molto pesante».
Quali sono i settori più danneggiati?
«Ristorazione, turismo e abbigliamento. Le preoccupazioni sono anche per il futuro. Cambieremo le nostre abitudini? E come incideranno sull’economia? La forza dei negozi, ad esempio, è nell’esperienza diretta, nel toccare con mano il prodotto, nel rapporto tra negoziante e consumatore. Poi ci sono le difficoltà del presente, con le imprese che non hanno liquidità neanche in famiglia».
In controtendenza invece la distribuzione alimentare…
«Lì i volumi sono alti, tra il più 10 e il più 20 per cento, ma adesso anche loro stanno avendo problemi sul personale, soprattutto le medie e piccole attività, perché stare aperti la domenica comincia a essere un problema. Non dimentichiamo che chi lavora in quel settore è in prima linea contro il virus. Dopo il personale medico e i farmacisti sono la categoria più esposta».
Ritiene sufficiente il bonus di 600 euro stanziato dal Governo?
«Assolutamente no. Secondo noi è soltanto un anticipo. Quasi sicuramente nel prossimo decreto diventeranno 800, ma la vera risposta per il settore del terziario non può certo essere questa. Eppure è impressionante il numero di persone che stanno richiedendo il bonus, il che dimostra quanto ci sia bisogno di liquidità».
Quante sono le richieste che avete ricevuto?
«Abbiamo più di 300 ditte che hanno richiesto la cassa integrazione in deroga e riceviamo anche 800 telefonate al giorno, molte delle quali per il bonus da 600 euro. La Confcommercio Marche Centrali è rimasta sempre aperta in questi giorni e abbiamo attivato una task force per garantire l’assistenza a tutti. Abbiamo 10 mila aziende iscritte alla nostra associazione ma il 35 per cento delle richieste arriva da non iscritti e rispondiamo a tutti, perché in questo momento svolgiamo anche una funzione sociale».
Per il turismo nelle Marche sarà un duro colpo…
«Le attività turistiche di business che lavorano con i residenti hanno avuto difficoltà già dai primi di febbraio. Questa crisi rischia di vanificare anni e anni di lavoro con la nuova direzione del turismo delle Marche, dal lancio fatto alla Bit a livello internazionale nella sede della Confcommercio di Milano, fino ai passi avanti con l’aeroporto che stava lanciando nuovi voli. È un colpo incredibile che dopo il terremoto rischia di metterci kappaò».
Qual è la ricetta per ripartire?
«Nel turismo ci sono spiragli per salvare una parte della stagione. Una proposta interessante è quella di detassare la vacanza, portandola in detrazione sulla dichiarazione dei redditi. Si fa negli Stati Uniti e in altri Paesi. Secondo un sondaggio di Confturismo in collaborazione con Swg, il 21 per cento degli italiani ha voglia di rimettersi in viaggio quando sarà finita l’emergenza, mentre c’è un 53 per cento di indecisi che giustamente ha paura. È su quella parte che bisogna lavorare, considerando che si privilegeranno vacanze brevi di 4-5 giorni, e questo sarà positivo per le Marche. Dovremo attirare i flussi di turismo interni».
A livello locale la politica cosa dovrebbe fare?
«Serve più liquidità alle imprese che altrimenti rischiano di soffocare. C’è al vaglio una legge regionale che metterà a disposizione importanti risorse per i vari settori produttivi. Poi bisogna mantenere la nostra reputazione positiva, con campagne di comunicazione mirate anche sui social per continuare a promuovere il brand Marche e la Riviera del Conero».