ANCONA – Sono sospese le attività scolastiche nelle Marche ma di fatto le scuole sono aperte. Una situazione che permette a docenti e alunni di rimanere a casa ma al personale amministrativo, tecnico e ausiliario (“ata”) di recarsi comunque al lavoro. È la situazione creata dall’ordinanza regionale sulle misure per evitare il diffondersi del Coronavirus a scuola, di fronte alla quale insorgono i Cobas Marche.
Oggetto della protesta è l’«inaccettabile disparità di trattamento» tra insegnanti e personale ata «dipendenti dello stesso comparto statale e quindi portatori di uguali diritti e doveri» ma a cui viene riservato un diverso tipo di trattamento. Tra le iniziative prese dalla Regione c’è, infatti, la “sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche, universitarie (lezioni, esami di profitto e sedute di lauree) e di alta formazione professionale e dei percorsi di istruzione e formazione professionale”, a eccezione delle iniziative a distanza. Ma è la stessa dicitura a causare la disparità di trattamento denunciata dai comitati di base della scuola delle Marche.
La dicitura “sospensione dei servizi educativi” prevede – spiega Cinzia Ruggeri, referente dei Cobas della Provincia di Ancona – l’interruzione delle attività didattiche ma non la chiusura della scuola; ne consegue che, mentre i docenti sono esentati dal prendere servizio, a meno che non siano in programma attività collegiali deliberate all’interno del piano annuale delle attività, il personale ata è invece tenuto ad assicurare la propria presenza a scuola, con un maggiore rischio di contagio da Coronavirus.
«Una scelta estremamente grave» tuona Ruggeri che si appella al presidente della regione Marche perché venga modificata l’ordinanza prevedendo quindi la chiusura delle scuole e non la semplice sospensione delle attività. Provvedimento urgente che potrebbe, ai sensi dell’art. 54 del dlgs 267/2000, essere preso anche dal sindaco quale ufficiale del Governo al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica – in questo caso del personale ata – e la sicurezza urbana.