ANCONA- Nelle carceri marchigiane l’impegno è massimo per evitare contagi tra i detenuti e al momento non si registrano casi di positività. Il Coronavirus mette a dura prova non solo il sistema penitenziario, ma anche gli stessi detenuti che in questo periodo di emergenza sanitaria vedono ridotte sia le possibilità di avere colloqui con i propri familiari, sia le attività trattamentali. Il Garante regionale dei diritti Andrea Nobili, che segue scrupolosamente la situazione con costanti monitoraggi e visite, fa il quadro della situazione nelle sei carceri marchigiane: la Casa circondariale Montacuto e la Casa di reclusione Barcaglione ad Ancona, Villa Fastiggi a Pesaro, la Casa di reclusione di Fossombrone, la Casa circondariale di Marino del Tronto ad Ascoli Piceno e la Casa di reclusione di Fermo.
Avv. Nobili, com’è attualmente la situazione sanitaria negli istituti penitenziari marchigiani?
«Al momento non si registrano casi di detenuti positivi in nessuna delle sei carceri marchigiane. Contagi sporadici, fortunatamente non gravi, si sono verificati tra gli operatori di polizia penitenziaria. Ad ogni modo, sono stati effettuati tutti i controlli necessari e non si sono determinate situazioni di trasmissione del virus all’interno degli Istituti. Il livello di attenzione è molto alto, i controlli sono rigorosi e anche recentemente gli operatori di polizia penitenziaria sono stati sottoposti a tampone. Le carceri sono luoghi da seguire con particolare attenzione perché un’eventuale diffusione del virus sarebbe davvero problematica».
Che misure vengono adottate all’interno delle carceri?
«Gli operatori di polizia penitenziaria indossano sempre la mascherina. Nella cella i detenuti non la portano in quanto hanno poche occasioni di contatto con soggetti provenienti dall’esterno. Tutti coloro che invece entrano in carcere vengono monitorati, viene fatto il controllo della temperatura. Se qualche detenuto è uscito perché magari ha avuto un permesso o ha dovuto fare delle visite mediche, al rientro viene sottoposto a controlli e messo in quarantena. Quarantena di 14 giorni e tampone anche per chi è in custodia cautelare o per chi proviene da altre carceri».
Come vivono la situazione Covid i detenuti?
«Quello che soffrono di più è la compressione delle opportunità di relazioni affettive. I colloqui con i familiari si sono fortemente ridimensionati, basti pensare che le misure del Dpcm non consentono di spostarsi dal Comune di residenza e le visite ai detenuti non sono un’eccezione, a riguardo c’è proprio una specifica Faq del Governo. È vero che è aumentata la possibilità di fare chiamate e videochiamate– prima quest’ultima opzione non era prevista- ma ciò non sostituisce il rapporto diretto con i familiari. I detenuti risentono anche della riduzione delle iniziative trattamentali».
Quali sono le criticità maggiori riscontrate nelle carceri marchigiane? «Innanzitutto le strutture penitenziarie avrebbero bisogno di manutenzione straordinaria. Ci sono edifici che accusano il logorio del tempo e non hanno spazi adeguati per la socialità. Non sempre tutto funziona: a volte manca l’acqua calda, a volte gli impianti di riscaldamento hanno dei problemi. Altre criticità sono un leggero sovraffollamento; la carenza di organico degli operatori di polizia penitenziaria e le limitate iniziative trattamentali che se già prima erano poche, ora si sono ridotte ulteriormente. A fronte poi di un numero importante di detenuti con problemi psicologici o psichiatrici mancano gli psicologi. Sarebbero necessari anche dei miglioramenti sanitari come una maggiore presenza di dentisti. Comunque, rispetto ad altre regioni le carceri marchigiane presentano difficoltà minori».
Garante Nobili, è quasi arrivato al termine del suo mandato. Ha visto dei miglioramenti in questi anni nelle carceri marchigiane?
«Non direi. Il sistema penitenziario vive una condizione molto difficile ed ha bisogno di una grande riforma. Piuttosto ho visto dei sensibili peggioramenti dovuti al fatto che il Provveditorato– l’organo di amministrazione penitenziaria- non è più presente nelle Marche ed è stato trasferito a Bologna. Inoltre, gli uffici che si occupano di esecuzione penale esterna lavorano in condizioni difficilissime perché c’è una carenza di personale importante».