Ancona-Osimo

Covid, i docenti hanno paura di lavorare. E gli psicoterapeuti scrivono a Conte

Il presidente marchigiano dell'Associazione Presidi Riccardo Rossini lancia l'allarme: gli insegnanti lavorano con crescente ansia e paura. Intanto gli effetti negativi della pandemia si fanno sentire nella popolazione. Ecco la situazione

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ANCONA – Sono ancora pesanti e presenti gli effetti della pandemia di coronavirus nella popolazione. Isolamento, sintomi depressivi, violenza e aggressività, overdose tecnologica e sviluppo dei minori compromesso. Sono alcuni delle conseguenze negative generate dal lockdown e dall’avvento del virus nella popolazione.

La denuncia arriva dagli psicologi, psicoterapeuti e psichiatri italiani che hanno inviato, il 23 giugno scorso, una lettera al presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte, alla ministra dell’istruzione Lucia Azzolina, al ministro della salute Roberto Speranza, al presidente della Camera dei Deputati e alla presidenza del Senato per sottolineare, studi scientifici alla mano, «le conseguenze negative di alcune misure adottate per affrontare e contrastare la diffusione del covid-19, che rischiano di non limitarsi al solo periodo attuale», scrivono i professionisti della salute mentale, nella lettera. Obiettivo: «evitare l’innesco di dinamiche patologiche pericolose per l’individuo e la società intera».

I professionisti della salute spiegano che in nome della «protezione della salute fisica» si è di fatto sacrificata quella psichica, creando parallelamente un impoverimento della cultura, nell’ambito di «un’ossessiva attenzione a proteggere l’aspetto quantitativo dell’esistenza umana, a discapito dell’aspetto qualitativo».

Insomma un paradosso che preoccupa non poco, psichiatri, psicoterapeuti e psicologi che lamentano anche gli effetti di «una comunicazione contraddittoria fondata sulla paura», denunciando «numeri aumentati sui giornali» e «medici e virologi che hanno comunicato in
maniera allarmante e con dati pilota non sempre attendibili». Inoltre osservano che «la comunicazione ufficiale non ha responsabilizzato i cittadini ma ha utilizzato come mezzo di controllo comportamentale la
paura (contagi, sanzioni, minacce di prolungamento del periodo di emergenza)», si legge nella lettera inviata alle istituzioni.

Un quadro nel quale si è sviluppata una ansia generalizzata con effetti
a lungo termine che «possono evolvere in disturbo post traumatico
da stress o sintomi depressivi
, burn out, disturbi ossessivo compulsivi, disturbi antisociali», oltre a problemi alimentari, disturbi del sonno, problemi psichiatrici». Poi l’accento sul rischio che «il tasso di suicidi» possa «aumentare esponenzialmente, generando problemi alla salute pubblica non certo inferiori a quelle legate a un virus preoccupazione per il futuro, può sviluppare ulteriori effetti non prevedibili». Infine i professionisti della salute denunciano che «allo stato attuale ci sono tutti i presupposti per poter individuare gli elementi in gioco di una forte manipolazione psicologica delle masse da parte di una visione, un pensiero e un approccio alla vita dominante che cerca di imporsi come unico e indiscutibile, di caratteristica indubbiamente settaria».

Ma qual’è la situazione nel mondo scolastico che ha ripreso la sua attività solo da un mese a questa parte? Il presidente regionale dell’Anp, Associazione Nazionale Presidi, Riccardo Rossini, delinea un quadro di carenza formativa, generato dalla pandemia di covid-19, spiegando che in situazioni di emergenza «la ricaduta sulla popolazione e sui ragazzi è evidente».

Riccardo Rossini, presidente regionale Anp

Ma il preside si spinge anche più in là, ed evidenzia la situazione in cui si trovano ad operare i docenti. «In questo primo mese dalla ripresa dell’attività didattica lo scoramento nel personale docente è evidente, si fa fatica – spiega – a gestire in termini di emozioni gli stati d’animo, non è facile perché devono fare i conti con una ansia crescente» che si amplifica con i casi di contagi e i focolai registrati nelle scuole.

Diversa invece la situazione degli studenti che «hanno capito perfettamente che il virus non li tocca direttamente, che non è un loro problema, ma è un problema di una altra generazione: sanno che possono portare il virus all’interno delle famiglia, lo hanno capito, ma per loro la mascherina è una forzatura».

Insomma bambini e ragazzi gravati da un senso di responsabilità che cercano comunque di fronteggiare, «cercano di dare una mano», ma il prezzo più alto della situazione attuale lo stanno pagando i docenti costretti «ad operare con una modalità anomale, con metà classe in presenza e metà a distanza – spiega Rossini – tutto questo è stressante e bisogna anche considerare la paura che può avere un insegnate di 60 anni nell’entrare in una classe dove sa di poter contrarre la malattia: si lavora con un livello di ansia superiore al normale e lo stress si vede nel viso dei docenti, manca quella serenità che vedevo gli altri anni».  Per questo il preside richiama l’attenzione sulla opportunità di «pensare ad un supporto psicologico per i docenti».

Ma anche nella popolazione gli effetti della pandemia si sentono. «Il lockdown e il conseguente isolamento che ne è derivato, ha accentuato le problematiche già esistenti in alcune persone – spiega Padre Luciano, delegato dall’Arcivesco di Ancona per il sollievo della sofferenza presso la Basilica di San Giuseppe da Copertino ad Osimo -. Per alcuni è stata la porta aperta al ripiegamento su se stessi e alla sfiducia verso gli altri: molti poveri sono stati trascurati nell’assistenza, sia nell’hinterland osimano che in quello maceratese, specie nelle zone colpite dal sisma. Le persone che si sentivano già sole lo sono state ancora di più e l’unico strumento per tenere aperta una relazione con il mondo era il telefono».

La basilica San Giuseppe da Copertino ad Osimo

Il sacerdote spiega che tra i più colpiti dal lockdown sono stati gli anziani e le persone malate che si sono sentiti completamente abbandonati e «in parte questi effetti si stanno ancora verificando: non è arrivato l’aiuto dello Stato, come assistenza sociale o il diritto cittadinanza, mentre il pacchetto Caritas era presente, ma più facilmente raggiungibile da chi vive nei grandi centri, così come la pesa a domicilio e le medicine. Un problema reale e difficile».

Se nelle grandi città è andata meglio, nei centri più lontani e isolati la situazione è stata drammatica per la carenza di servizi, specie per quanto riguarda le persone malate e impossibilitate a muoversi. Non solo gli anziani, ad aver subito gli effetti negativi dell’isolamento sono stati anche i bambini, ma in questo caso, spiega Padre Luciano, il quadro è stato migliore in campagna, dove i bambini hanno potuto godere degli spazi esterni, dei giardini, mentre in città molti si sono trovati rinchiusi in pochi metri quadrati.