ANCONA – Naso che cola, ostruzione nasale, starnuti, sinusite e congiuntivite. Sono alcuni dei sintomi con cui può manifestarsi la variante Omicron e che potrebbero aiutare a discriminarla dagli altri ceppi virali.
«In genere si sente dire che Omicron è meno aggressiva della variante Delta – spiega l’infettivologo Andrea Giacometti – per cui non si starebbe troppo male. In realtà i dati sono falsati dalla grande quota di popolazione che oggi ha assunto almeno 2 dosi di vaccino. Infatti in questi soggetti 2 volte su 3 l’infezione appare asintomatica, mentre nel restante terzo dei casi si può andare da un banale raffreddore a grave polmonite con necessità di ricovero».
Sintomi
I sintomi «non sono granché differenti da quelli delle precedenti ondate – chiarisce il primario della Clinica di Malattie Infettive degli Ospedali Riuniti di Ancona -. Sembra comunque che Omicron si manifesti un po’ più spesso con i sintomi tipici del raffreddore: naso che cola, ostruzione nasale, starnuti, a volte sinusite e congiuntivite».
Sintomi, che come fa notare «all’inizio della pandemia erano considerati come indizio per escludere il Covid, ritenendo più probabile una infezione da parte degli altri virus tipici del raffreddore (Rhinovirus e vecchi Coronavirus)». «La perdita o riduzione di olfatto e gusto – aggiunge – l’abbiamo riscontrata anche nei soggetti infettati dalla variante Omicron, ma è presto per dire se è più o meno frequente».
Incubazione
Il periodo di incubazione della variante Omicron «sembra ridotto a differenza della contagiosità che è aumentata – afferma – . Abbiamo sempre detto che il periodo di incubazione può variare fra 1 e 14 giorni per tutti i Coronavirus, ma con Omicron sembra restare fra 1 e 7 giorni».
Efficacia vaccinale
Il vaccino protegge da questa variante? «Sappiamo che la terza dose protegge da tutte le varianti, compresa Omicron, solo per quel che riguarda le forme gravi, i ricoveri e la probabilità di decesso, mentre non protegge dall’infezione: i dati acquisiti dimostrano che almeno un terzo dei tripli vaccinati si re-infetta e può trasmettere il virus ad altri. Tuttavia, la quantità di virus emessa è spesso inferiore rispetto ai non vaccinati i quali, peraltro, possono restare tampone-positivi più a lungo».
Insomma anche chi ha fatto la terza dose «può ancora infettarsi con il SARS-CoV-2 e, quindi, essere potenzialmente contagioso per gli altri. Però chi si è vaccinato trasmette il virus per meno giorni (sembra non più di una settimana) ed in quantità inferiore, mentre chi non è vaccinato lo può fare anche per molte settimane. Abbiamo ricoverato pazienti non vaccinati che sono rimasti tampone-positivi fino a 8-10 settimane, anche se in genere la negativizzazione avviene entro 2-3 settimane».
Il professor Giacometti sottolinea che «un terzo dei pazienti attualmente ricoverati in Clinica Malattie Infettive ha assunto due dosi di vaccino (nei mesi di gennaio-aprile)» per questo «siamo ormai sicuri che una adeguata copertura immunitaria non supera i 5-6 mesi. Bisogna però considerare che molto raramente viene ricoverato chi ha fatto tre dosi di vaccino: nel nostro reparto solo due pazienti che purtroppo non avevano prodotto anticorpi a causa di uno stato di profonda immunodepressione».
«La Virologia al momento non ci fornisce dati sulla tipizzazione biomolecolare dei tamponi risultati positivi – conclude -, per cui non posso dare informazioni certe sulla percentuale di casi Omicron fra i ricoverati. Penso, tuttavia, che sia ormai prossima al 50%, come nella media italiana. Ritengo che entro gennaio tutti i casi saranno praticamente da Omicron, sempre che non spunti fuori una nuova variante».