ANCONA – Dopo la mortalità di massa del mosciolo selvatico di Portonovo documentata dal Cnr Irbim a fine agosto dell’anno scorso lungo la costa del Conero, si prospetta una nuova estate difficile per il mitilo, presidio Slow Food. A spiegarlo è Gian Marco Luna, direttore del Cnr Irbim che ha sede ad Ancona. Per monitorare lo stato di salute delle popolazioni di moscioli nell’area del Conero, da oltre un anno è stato attivato un Tavolo Tecnico, su richiesta del Comune di Ancona, che coinvolge, per la parte relativa alla ricerca scientifica, tutti gli attori scientifici del territorio, tra cui il Cnr Irbim, l’Università Politecnica delle Marche con il Dipartimento Disva, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche, e l’Arpam.
«La situazione del mosciolo selvatico di Portonovo è molto difficile» afferma Luna, spiegando che sono diverse le cause alla base della riduzione della popolazione di banchi naturali di mitili, fra queste indica «un ridotto reclutamento dei giovanili», dunque una difficoltà degli animali di insediarsi per dar forma agli organismi adulti, «caratteristiche di tipo climatico» tra le quali «l’aumento della temperatura del mare, la diminuzione dei nutrienti disciolti in acqua (che pur ogni tanto mostrano picchi irregolari durante eventi estremi come le piogge e le piene dei fiumi) e della biomassa delle microalghe, con prevalenza di forme di piccole dimensioni, e dunque una generale diminuzione della disponibilità di cibo per organismi filtratori come i moscioli».
Una situazione complessa che va avanti dall’estate del 2024, segnata da ondate di calore eccezionali che avevano causato una significativa alterazione dell’ambiente in cui vive il mitilo, condizioni a cui si era aggiunta anche la mucillagine, complicando ulteriormente il quadro. Luna sottolinea anche il potenziale impatto delle attività di prelievo da parte dei cittadini che, in base ai dati raccolti proprio durante il lavoro del Tavolo Tecnico, «non sempre hanno tutti la piena consapevolezza dei limiti giornalieri che possono essere prelevati, e questo può rappresentare un ulteriore fattore di stress per la popolazione. Per questo, attraverso il lavoro del Tavolo Tecnico, stiamo anche cercando di quantificare lo sforzo complessivo di prelievo di questa risorsa, incluso quello da parte dei cittadini, un elemento che potrebbe contribuire ad indebolire ulteriormente una popolazione di moscioli già fortemente stressata».
Purtroppo la prospettiva è quella di una situazione di sofferenza, che proseguirà anche nei prossimi mesi, spiega il ricercatore: «Contrastare le conseguenze del cambiamento climatico non è chiaramente possibile – dice – le temperature aumenteranno, e le ondate di calore saranno probabilmente sempre più frequenti e persistenti. Per questo si sta valutando di intervenire dove possibile, ad esempio regolamentando il prelievo, sperimentando in campo soluzioni capaci di migliorare il reclutamento, e monitorando le popolazioni e l’accrescimento degli organismi con rigore scientifico».
«Gli allevatori di mitili – prosegue – in altre zone del Paese, che pure stanno subendo le conseguenze di queste mortalità di massa, possono adottare soluzioni per contrastare gli effetti del cambiamento climatico, come ad esempio allevarli a maggiori profondità, dove le temperature dell’acqua sono inferiori. Questa soluzione non è chiaramente percorribile per il nostro mosciolo, che cresce su banchi naturali. Occorre dunque lasciar riposare le popolazioni di moscioli selvatici, già fortemente stressate, e proseguire il lavoro del Tavolo Tecnico con l’obiettivo di adottare quelle scelte utili a favorire la resilienza delle popolazioni e la sostenibilità socio-economica della pesca del mosciolo. L’obiettivo finale deve essere la finalizzazione di un piano di gestione, condiviso tra amministrazione, pescatori, comunità scientifica e tutti gli stakeholders, con lo scopo di preservare e gestire al meglio questa risorsa, che è parte della nostra identità e delle nostre tradizioni».